Piccola guida al condominio

(della guida,s i riportano solo gli articoli elaborati dall’Ufficio studi Confappi-Federamministratori)

 

Condominio: cosa è

La riforma in gestazione

Assemblea: quali poteri e come deve svolgersi 

Come si convoca

Come si autoconvoca

Come si impugna la delibera

Nullità e annullabilità: casi concreti

Regolamento: perché serve e quando è obbligatorio

Come si forma

La differenza tra assembleare e contrattuale

 

 

Condominio: cosa è

 

Chi abita in un appartamento in palazzo multipiano, pur essendo proprietario dei suoi locali, è costretto a spartire con i vicini delle parti comuni: per esempio l’androne dell’edificio, i muri portanti, il cortile, il tetto, le scale.

Costituzione automatica. L’esistenza di tali parti comuni porta all’esistenza del condominio, un ente che non ha nessun bisogno di essere creato per decisione comune, ma esiste di per sé, in quanto, appunto, esistono delle parti necessariamente comuni. Il discorso cambia quando il complesso non è “verticale”, ma orizzontale: per esempio si tratta di un gruppo di villette che hanno in comune una recinzioni, una portineria, un giardino, una piscina. Allora si parla di semplice “comunione”, regolata da norme del codice differenti da quelle previste per il condominio. In tal caso costituire un condominio, e accettare le regole che lo organizzano, diviene una semplice scelta e non un obbligo.

Organi. Il condominio ha degli organi interni: l’assemblea, che è una sorta di parlamento, e l’amministratore, che si potrebbe paragonare al capo del governo. L’assemblea esiste sempre, perfino quando il condominio è composto da due soli appartamenti. Eleggere l’amministratore è invece una scelta, ma solo se i condomini sono più di quattro: altrimenti la nomina si deve comunque fare. Infine il condominio può avere un suo codice di leggi, il regolamento.

Condominio parziale. In linea di principio tutti i proprietari degli appartamenti hanno diritto di decidere sulle cose comuni. Questa regola ha però un eccezione: il cosiddetto condominio parziale. Sopratutto se il palazzo è grande, possono infatti esistere parti comuni che sono utili solo a certi proprietari: se per esempio un condominio ha più scale, i relativi ascensori possono servire solo a una parte dei condomini. Oppure se ha un garage, possono esistere condomini che sono privi di posti auto. Infine, nella stessa scala due tubi fognari il primo può servire solo gli appartamenti sul lato sinistro e l’altro solo quelli sul lato destro. In tal caso si potranno tenere assemblee a cui partecipano e decidono solo i condomini interessati: solo loro sopporteranno le relative spese.

Supercondominio Un caso estremo di condominio parziale è quello definito dalla giurisprudenza come “supercondominio”: si tratta di un complesso di edifici singoli o multipiano che hanno in comune solo certe parti comuni: per esempio un giardino, una portineria o anche un riscaldamento centralizzato. E’ possibile che ciascun palazzo abbia un diverso amministratore e tenga autonome assemblee. Allora esisterà anche un’assemblea, un amministratore e un regolamento del supercondominio, che decideranno relativamente ai problemi di competenza di tutti.

Anomalie. Per finire occorre ricordare che esistono altre situazioni di confine. La prima è il minicondominio, quello tipico per esempio delle villette bifamiliari. Si forma quando i due appartamenti sono sovrapposti e hanno in comune, per necessità, , per esempio i muri portanti e il tetto. Viceversa due villette adiacenti, che spartiscono solo un muro, hanno una semplice comunione sulla parete di separazione. La seconda è il complesso in multiproprietà, in cui più persone dividono lo stesso appartamento avendo il diritto di usarlo solo certe settimane nel corso dell’anno. Se esso è ospitato in un palazzo condominiale si avrà una comunione (sull’appartamento) e un condominio (sul palazzo).

Condominio e comunione: differenze. Diversamente che nel condominio, nella comunione le quote dei partecipanti si presumo uguali (salvo patto contrario), ciascuno conta come gli altri nelle decisioni e tutti partecipano nella stessa misura alle spese. Viceversa nel condominio esistono dei millesimi di proprietà, proporzionali in genere alla grandezza dei locali di ciascuno. Quindi le decisioni si prendono con due diverse maggioranze: quella dei proprietari e quella dei millesimi. Le spese si dividono invece in base ai millesimi.

 

 

La riforma in gestazione

 

Le norme condominiali sono immutate da oltre sessant’anni. Solo ora il Parlamento sta provando ad adeguarle ai nostri tempi con un progetto governativo di riforma all’esame in questi giorno al Senato, le cui possibilità di successo apparivano piuttosto alte (ma ora è dubbio che sia approvato prima della fine della legislatura). Questi in estrema sintesi i punti più importanti:

Assemblea.

1. Viene prevista una particolare assemblea, da convocare quaranta giorni prima, per decider sulla sostituzione o la modifica dell’uso delle parti comuni, con l’assenso della maggioranza dei condomini che possiedano 2/3 dei millesimi;

2. Vengono dati poteri all’assemblea in merito alla modifica dell’uso degli appartamenti privati;

3. Le deleghe ce ciascun condomino può portare sono limitate a un quinto dei condomini e dei millesimi;

4. L’assemblea può essere riconvocata successivamente, se l’ordine del giorno non è stato esaurito;

5. La maggioranza per deliberare opere di innovazione cala: passa a quella degli intervenuti in assemblea che possiedano almeno metà dei millesimi;

6. E regolata la costituzione del consiglio di condominio;

7. Se l’amministratore si rifiuta, ciascun condomino può dare esecuzione alle delibere;

8. Viene riconosciuta l’esistenza dei supercondomini, formati da palazzi separati; Sulle loro parti comuni deciderà un assemblea di delegati dei singoli palazzi.

Amministratore

9. E’ prevista la possibilità di chiedere all’amministratore garanzia per le somme gestite, che devono transitare da un conto intestatati al condominio;

10. Viene istituito un elenco degli amministratori condominiali presso la Camera di commercio, in cui sono annotati anche gli stabili gestiti. E’ escluso che lo sia chi ha subito certe condanne penali;

11 L’incarico all’amministratore passa da uno a due anni.

12. E’ regolata, anche dal punto di vista degli onorari, la revoca anticipata dell’amministratore;

13. L’amministratore ha l’obbligo di pretendere dai morosi il pagamento tramite decreto ingiuntivo. Se non lo fa entro 4 mesi, risponde di persona.

Morosità

14. I debitori del condominio debbono richiedere il pagamento prima ai morosi e poi agli altri;

15. Il moroso che vende un appartamento risponde dei debito solo fino a quando non ha fatto pervenire all’amministratore copia autentica del rogito.

Altro

16. Viene fatto sì che il regolamento contrattuale e le tabelle dei millesimi siano trascritti nei registri immobiliari;

17. Viene imposto l’adeguamento egli impianti alle norme di sicurezza, consentendo all’amministratore e ai tecnici di accedere agli appartamenti privati;

18. L’installazione di antenne Tv private è sottoposta alla comunicazione dell’assemblea, che può proporre cautele o modalità alternative di esecuzione.

La riforma non affronta comunque nodi importanti, come quello del rendere meno rigido il regolamento contrattuale o quello della suddivisione delle spese di manutenzione straordinaria degli ascensori.

 

ASSEMBLEA

 

Quali poteri e come deve svolgersi

 

L’assemblea è l’organo di autogoverno del condominio. Tra i suoi compiti l’articolo 1135 del codice civile elenca: la nomina, la revoca e il rinnovo dell’incarico all’amministratore, l’approvazione del rendiconto preventivo e consuntivo delle spese e la decisione di eseguire opere di manutenzione straordinaria.

Tuttavia sia il codice che la giurisprudenza le attribuiscono diverse altre funzioni. Per esempio, la votazione del regolamento condominiale assembleare (vedi articolo in fondo), rappresentanza del condominio rispetto a terzi (per esempio una richiesta fatta dal comune al condominio), il consenso alla locazione dei locali comuni e, in genere, ogni atto che preveda una discussione e un assenso o un dissenso da parte dei proprietari, purché riguardi le parti comuni a tutti e o il regolamento.

Tra assemblea ordinaria e straordinaria non esistono differenze marcate (anche se la prima si tiene una volta all’anno, alla fine dell’anno di bilancio). .Non sta in piedi l’obiezione di certi amministratori che non si possa discutere in quella straordinaria del suo incarico o di voci del  rendiconto.

Solo l’assemblea è titolata a fare delle scelte, fatte salve le limitate prerogative dell’amministratore. Pertanto non è possibile demandarle ad altri, anche se si tratta di un gruppo di condomini più volenterosi ed esperti, magari eletti nel consiglio di condominio. E’ perciò illegittima la prassi di far scegliere ai consiglieri tra diversi preventivi di lavori. Diciamo piuttosto che il lavoro del consiglio di condominio (organo preziosissimo, riconosciuto nella prassi e nei regolamenti, ma non previsto per legge, almeno finché non verrà approvata la riforma) è quello di controllare l’operato dell’amministratore e preparare l’assemblea stessa, orientando le scelte affinché non ci siano troppe perdite di tempo.

Lo svolgimento dell’assemblea è coordinato dal suo presidente, nominato al suo inizio tra i condomini. E’ il presidente che deve accertare la validità deleghe. In caso di comproprietà di un appartamento, deve scoprire chi ha diritto di voto (se non c’è accordo, lo estrae a sorte). E’ lui il “guardiano” dell’ordine del giorno, e può togliere la parola a chi divaga su argomenti estranei o cerca di affrontare per primo un argomento all’ultimo punto. Durante il corso degli interventi il segretario deve compilare il verbale (normalmente a questo compito è delegato l’amministratore). Alla fine dell’assemblea il verbale dovrebbe essere letto ad alta voce e controfirmato dal presidente. Nel verbale stesso debbono essere identificabili le persone che hanno votato a favore di una delibera e quelli che hanno votato contro o si sono astenuti (due scelte che si equivalgono al fine del calcolo dei dissenzienti). Ciascuno ha diritto di dare motivazioni di voto e di pretendere che siano annotate sul verbale stesso.

Tutte queste sono precisazioni molto utili: infatti è comunissimo il caso che queste regole non siano per niente rispettate. Spesso infatti l’amministratore non compila il verbale in assemblea ma solo dopo, reinterpretando quel che è accaduto: una grave mancanza perché quel che vi è scritto rappresenta il succo di quanto si è deciso e provare il contrario può essere difficile. Inoltre sono purtroppo comuni le dizioni tipo: “la delibera è stata assunta a larga maggioranza”, che sono illegittime, perché ai fini delle impugnazioni in tribunale è necessario avere la certezza che chi impugna sia uno che ha votato contro.

 

Come si convoca

 

All’assemblea devono essere invitati tutti i proprietari, gli usufruttuari o i nudi proprietari. La convocazione degli eventuali inquilini, se non esclusa dal contratto di locazione, è compito del proprietario dell’immobile locato e non dell’amministratore. La convocazione va spedita per posta, meglio se con ricevuta di ritorno o quantomeno consegnato dal portiere, con firma di ricevuta. Qualsiasi altro mezzo è lecito ma deve essere dimostrato che i partecipanti hanno avuto modo di sapere (cosa non facile).

L’avviso contiene data, ora e luogo della prima convocazione, ordine del giorno e allegati che permettano di esaminare i punti in discussione. E’ d’uso fissare anche li riferimenti per la seconda convocazione, se l’assemblea in prima è deserta. E’ quanto succede il più delle volte, perché esiste un tacito accordo tra amministratore e condomini perché ci si rechi solo alla seconda convocazione, in cui si abbassano le maggioranze per le delibere.  Tra il recapito dell’avviso e l’assemblea debbono passare almeno 5 giorni, che decorrono dal quello seguente il ricevimento. In prima convocazione debbono essere presenti di persona o per delega  2/3 dei millesimi e 2/3 dei partecipanti al condominio. In seconda convocazione (che non  deve essere tenuta lo stesso giorno o più di dieci giorni dopo) bastano 1/3 dei condomini che possiedano 1/3 dei millesimi.

 

Autoconvocazione

 

Vi sono casi in cui l’assemblea  può essere indetta non dall’amministratore, ma dai condomini. Il primo è quando l’amministratore manca: può non essere mai stato nominato o essere gravemente malato. Allora ciascun condomino è titolato a convocarla, sia essa ordinaria o straordinaria. Inoltre almeno due condomini, che possiedano un sesto dei millesimi, possono fare  richiesta all’amministratore di convocazione di un’assemblea straordinaria, fissando l’ordine del giorno, meglio se con raccomandata con ricevuta di ritorno. Se l’amministratore si rifiuta, o non provvede entro dieci giorni, i condomini che l’hanno proposta possono comunque autoconvocarla.

L’autoconvocazione sottintende spesso un contrasto con l’amministratore in carica. Vale quindi la pena chiarire due concetti. Il primo è che se l’amministratore si rifiuta di fornire l’indirizzo dei proprietari, non è detto che sia richiedibile la sua revoca per giusta causa da ciascun condomino (non si tratta di “grave irregolarità” prevista dall’articolo 1129 del codice civile). Resta possibile una citazione per danni. Non è comunque obbligatorio che l’amministratore partecipi all’assemblea: se i condomini debbono discutere su un’eventuale ritiro dell’incarico, possono decidere di chiedergli di non essere presente.

 

Impugnazione delibere.

 

Le delibere che si possono contestare si dividono in due grandi categorie: quelle annullabili e quelle nulle.

Delibere annullabili. Sono impugnabili solo da chi in assemblea ha votato contro o si è astenuto, oltre che da chi non ha partecipato all’assemblea (purché non abbia delegato qualcuno che ha votato a favore). Non è finita: possono essere impugnate solo in giudizio, entro 30 giorni da quando se ne è avuto conoscenza. Cioè dalla data dell’assemblea, per chi era presente di persona o per delega, o dalla comunicazione del verbale di assemblea, per chi era assente. Infine, l’impugnazione delle delibere annullabili non sospende la loro esecuzione. La sospensione anticipata può essere solo decisa dal giudice. Trenta giorni per l’impugnazione sono molto pochi e molti li sprecano inviando raccomandate all’amministratore e attendendo la risposta. Bisogna invece incaricare un avvocato per far causa. Ci si può difendere da soli solo se ci si rivolge al giudice di pace, in genere per le controversie di modesto valore (516,46 euro).

Delibere nulle. Possono invece essere impugnate in qualsiasi momento,anche anni dopo che sono state prese, e da chiunque, anche se ha votato a favore. In quanto nulle, è come se non fossero state mai prese e, nel caso in cui avessero avuto degli effetti, va per quanto possibile ripristinata la situazione precedente (un po’ come girare la moviola di un film all’incontrario).

Nel caso in cui l’assemblea decida di cancellare o modificare la delibera contestata, il giudice dichiara cessata la materia del contendere e si limita a decidere sulle spese della causa. E’ una prassi diffusa dei giudici compensare le spese tra i contendenti (anche se chi aveva impugnato la delibera aveva ragione). Il risultato è che l’impugnazione può trasformarsi comunque in un esborso di denaro.

Quali sono annullabili.  Alcuni anni fa la Cassazione, con sentenze che sono divenute costanti, ha finito per includere quasi tutte le delibere illegittime nel campo di quelle annullabili. In particolare quelle prese in assemblee irregolarmente  convocate, quelle assunte  con maggioranze insufficienti, oppure che riguardano argomenti che non erano stati compresi nell’ordine del giorno.

Ciò significa che un amministratore ben informato o dei condomini accorti possono oggi far votare delle decisioni assolutamente contestabili, fidando sul fatto che difficilmente saranno impugnate in tempo utile, trascorso il quale diverranno pienamente valide.

Va aggiunto che anche per i provvedimenti dell’amministratore presi senza il necessario assenso  è possibile il ricorso all’assemblea e, in caso di esito negativo, l’impugnazione in giudizio.

Quali sono nulle. Sono nulle le delibere prese a maggioranza e che invece prevedevano l’unanimità dei consensi. In particolare, quelle che modificano disposizioni contrattuali del regolamento condominiale (che hanno previsto l’assenso di tutti), quali ad esempio la spartizione dei millesimi di proprietà o i limiti all’uso delle cose comuni o alla proprietà singola contenuti validamente nel regolamento . Sono poi nulle le decisioni prese a maggioranza che sconfinano nei diritti del singolo proprietario (per esempio il divieto di tenere in casa animali o quello di ospitare troppa gente in casa). Sono infine nulle le delibere che sono contrarie a norme imperative di legge (pensiamo alla decisione di mettere in opera un abuso edilizio o a quella di vietare l’acquisto di appartamenti a persone di razza o colore della pelle diverso dal nostro).

 

 

Annullabilità e nullità totale o relativa: casi concreti

 

 Assemblea: quando è annullabile

 

Voto: quando è annullabile

 

Voto nullo (se non c’è l’unanimità)

 

Voto sempre nullo

 

REGOLAMENTO

 

Perché serve e quando è obbligatorio

 

Il condominio riproduce, in piccolo, la società civile, e come questa fa, può dettare regole per la convivenza. Alcune di esse sono stabilite, volta per volta, da delibere assembleari, che hanno in genere lo scopo di affrontare problemi singoli e di trovarne una soluzione immediata (per esempio, la rottura e la sostituzione di una fognatura, oppure l’approvazione del bilancio di un certo anno. Altre regole, invece, sono pensate per essere “stabili”, valide per sempre (o almeno, fino a quando non verranno cambiate, con le stesse maggioranze con cui sono state approvate). Queste regole, sono riunite in un testo scritto, il regolamento.

Obblighi. L’importanza di questo documento è sottolineata dalla legge che impone di redigerlo quando i condomini sono più di dieci, e perciò la vita comune diviene abbastanza complessa da giustificare norme interne. Naturalmente nulla vieta che ci sia un regolamento anche quando i proprietari sono in numero minore.

Più esattamente, si può parlare di due tipi di regolamenti: Il primo è quello detto “contrattuale”, che è il più importante, perché approvato da tutti e modificabile solo se tutti sono d’accordo. Esso equivale a un contratto multilaterale (tra più persone): fra le parti che lo hanno sottoscritto acquista valore di legge. Vi è poi il regolamento detto assembleare, che può essere variato in assemblea anche da un parte dei condomini, pur essendo valido per tutti.

Poteri. Naturalmente, perché questa distinzione abbia un senso, il regolamento contrattuale deve poter decidere cose che quello assembleare non può determinare. E. in effetti, è così: esso può stabilire vere e proprie limitazioni al diritto di proprietà sui singoli appartamenti imponendo certi usi (per esempio solo ad abitazione o vietando gli studi medici o professionali, oppure le attività artigianali).

Millesimi. Inoltre insieme al regolamento contrattuale sono allegate le tabelle millesimali. Che possono essere , a loro volta di due tipi: quelle dei millesimi di proprietà e quelle dei millesimi d’uso. Le tabelle di proprietà stabiliscono la quota di possesso delle parti comuni, che è in genere proporzionale alla grandezza dei singoli appartamenti e, talvolta, anche al loro pregio (più millesimi per i locali all’ultimo piano con doppio riscontro d’aria, meno per quelli al primo, affacciati solo sulla strada o sul cortile). I millesimi di proprietà determina anche il “peso” del voto in assemblea (chi ne ha di più decide di più) e, in genere, la partecipazione alle spese comuni non spartite attraverso i millesimi d’uso. Questi ultimi hanno un fine più limitato: definire la partecipazione a certe spese particolarissime: per esempio quelle per le scale o l’ascensore, quelle per l’acqua, quelle per il riscaldamento, quelle per la piscina, e così via.

Limiti. Anche il regolamento contrattuale ha però limiti al proprio campo d’azione. Innanzitutto quelli che gli derivano da norme imperative dettate sia da leggi dello Stato che da leggi o regolamenti locali. Poi quelli che provengono da norme del codice civile a cui non si può far eccezione, comprese quelle sul condominio. In parole povere, quindi, esistono norme condominiali contenute nel codice che possono essere cambiate dal regolamento, ed altre, espressamente elencate, che nemmeno un regolamento contrattuale può modificare. Per esempio, è impossibile stabilire diverse regole per la tenuta delle assemblee, né differenti maggioranze per le decisioni e nemmeno per la loro impugnazione in giudizio. Non si può nemmeno rinunciare alla proprietà di una cosa comune rifiutandosi si sopportare le spese per la sua conservazione (manutenzione ordinaria e straordinaria).

Multe. Solo un regolamento contrattuale può, infine, sancire sanzioni delle norme superiori a quelle fissate (nel 1942…) dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile (100 lire, 5 centesimi di euro). Se esse non esistono, in caso di trasgressione l’unica strada resta rivolgersi a un giudice, che imponga la sua osservanza.

 

 

Come si forma

 

In teoria il regolamento contrattuale è votato nelle prime assemblee che si tiene dopo che è stato costituito il condominio. Se davvero così fosse, non si riuscirebbe mai a scriverlo, perché basterebbe il disaccordo di uno solo dei condomini (che vuole, per esempio, pagare meno), perché sia impossibile vararlo.

In pratica il regolamento contrattuale è predisposto quasi sempre dal primo costruttore dell’edificio e imposto a ciascuno degli acquirenti di un appartamento al momento della sua vendita. In tal modo si riesce ad ottenere comunque l’unanimità dei consensi.

Ostacoli. Questa prassi ha però gravi conseguenze. La prima è che esso non scaturisce da una libera scelta degli interessati, che si trovano anzi impossibilitati a modificarlo se non raggiungendo l’unanimità dei voti. La seconda è che il regolamento predisposto dal costruttore può essere mal scritto. O peggio, contenere delle regole che avvantaggiano l’impresa edile, per il periodo di tempo in cui resta proprietario di appartamenti invenduti e, talora, anche dopo.

Nullità. Tipici i casi in cui il costruttore si auto-esonera dal pagamento delle spese condominiali o quello in cui si riserva particolari servitù sulle parti comuni (la possibilità di sovraelevare l’immobile, l’utilizzo di parte del cortile o dei locali seminterrati, e così via). Contro questo tipo di prepotenze, si può talora far ricorso alle norme del codice del consumo (articoli da 33 al 38 ) che giudicano nulle quelle clausole che riservano a una impresa professionale ingiustificati vantaggi rispetto al cittadino firmatario del contratto di acquisto.

Modifiche. Attenzione però: non è detto che tutte le prescrizioni contenute in un atto che ha come titolo “regolamento contrattuale” siano contrattuali esse stesse. Vi sono sentenze della Cassazione (la più importante è quella delle Sezioni Unite, n. 943 del 30 dicembre 1999), che hanno chiarito che i divieti che hanno come unico scopo di regolare la vita comune, e che avrebbero dovuto essere contenuti in un regolamento assembleare (vedi articolo xxxx), sono da considerarsi imponibili e modificabili con la semplice maggioranza dei parteciparti all’assemblea e con 500 millesimi almeno E non all’unanimità). Perciò se, per esempio, un regolamento contiene la regola di installare tende sui balconi di un certo colore, è possibile cambiare idea in seguito senza che si sia tutti d’accordo.

 

 

La differenza tra assembleare e contrattuale

 

Oltre al regolamento contrattuale, quello approvato da tutti, ne esiste un altro, detto assembleare o interno, che può essere appunto votato in assemblea. Per approvarlo basta il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che possieda almeno metà dei millesimi di proprietà.

Di cosa si occupa. Il regolamento assembleare ha un campo d’azione relativamente ristretto. Quanto stabilito al sui interno, infatti, non può andare i contraddizione con le norme del codice civile sul condominio, né comunque creare limitazioni al diritto di proprietà.

Per esempio un regolamento contrattuale può determinare che le spese di riparazione del lastrico solare ad uso di un singolo siano sopportate solo da lui, mentre uno assembleare dovrà tener conto della ripartizione prevista dal codice (un terzo al singolo, i due terzi al condominio). Inoltre non potrà vietare l’uso dei locali di ciascuno a qualsiasi attività.

Esempi. Si possono invece creare regole di gestione delle parti comuni: classiche sono le disposizioni che stabiliscono le ore in cui si possono sbattere i tappeti, l’impossibilità per i bambini di giocare in cortile, la collocazione possibile delle antenne tv, la composizione del consiglio di condominio, il divieto a lasciare oggetti o appendere quadri sui pianerottoli. Ma questo tipo di regolamento può anche spingersi oltre, se mancano nel regolamento contrattuale criteri diversi : per esempio ripartire le spese dell’acqua in base al contatore.

Spese. Può, soprattutto, stabilire i metodi per applicare il secondo comma dell’articolo 1123 del codice civile, che afferma che ““quando le cose sono destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne”. Per esempio un regolamento assembleare può determinare che le spese dell’acqua o quelle di rotazione dei sacchi dell’immondizia siano conteggiate in base al numero di residenti in ogni singolo appartamento, e che quando qualcuno se ne va o entra in famiglia, la sua presenza o mancanza vada segnalata all’amministratore condominiale. Può anche determinare che le spese di sostituzione di una barra di accesso ai parcheggi siano conteggiate in base al numero di posti auto di proprietà e che i costi della pulizia delle scale , quando affidata a una ditta esterna, competano per metà in proporzione ai millesimi e per metà in proporzione al livello di piano (come accade per la manutenzione delle scale stesse).