Divisione ereditaria: le procedure per l’azione in giudizio

 

 

Nel numero 7 di Club3 (luglio 2005) ho letto nella rubrica “questioni da casa“ a cura di Silvio Rezzonico la possibilità di divisione della comunione ereditaria. Credo si tratti di un caso analogo al mio: mio marito alla morte della madre (luglio2003) ha ereditato insieme alla sorella un attico di 140 metri quadri di terrazza, di fronte alla stazione di Trastevere a Roma, appartamento che ha una valutazione sul mercato immobiliare molto elevata a causa della posizione.

Tutti e due i fratelli abitano in appartamenti di loro proprietà, grosso modo della stessa metratura, mio cognato nello stesso quartiere, mio marito, pur lavorando a Roma, a Grottaferrata (22 km a sud di Roma).

L’appartamento ereditato è rimasto da allora sempre inutilizzato non volendo mia cognata né affittarlo né venderlo, ma rilevarlo quando in un futuro imprecisato avrà i soldi per farlo.

Mio marito vuole la divisione. Si è informato presso l’ufficio tecnico del Comune di Roma ed ha appreso che il nuovo piano regolatore  (marzo 2003) consente il frazionamento in quella zona della proprietà immobiliare: è necessaria la Dia e successivamente con la dichiarazione di fine lavori e dell’apertura della nuova porta sul pianerottolo ma non può opporsi (oltretutto la nuova porta sarebbe simmetrica a quelle dei piani inferiori dove ci sono quattro appartamenti a piano, invece dei due presenti a piano attico).

Questo frazionamento per noi è urgente perché da settembre prossimo anche mio figlio, per  frequentare l’Università, comincerà a fare il pendolare, quindi è proprio necessario, sia per il padre che per il figlio, un appartamento di appoggio in città.

Mio marito ha deciso di iniziare un’azione legale per il frazionamento: ha fatto fare da un architetto il progetto di frazionamento, da un’impresa la stima dei lavori (che è modesta, circa venticinquemila euro ad appartamento), la stima, da due agenzie immobiliari, del valore dell’appartamento intero e delle due nuove unità che valgono di più dell’appartamento non frazionato.

A me sembra che il frazionamento sia una soluzione razionale ed equa per tutti, ma mia cognata o rifiuta e propone l’acquisto ad una cifra bassa che oltretutto non ci permetterebbe di comprare nel quartiere un appartamento di 70 metri quadrati (tralasciando il fatto che non esistono più in quella zona attici in vendita).

Un’azione legale che possibilità di successo ha?

In che tempi? 

Quali sono i motivi che potrebbero essere di ostacolo?

Mio figlio, che da settembre frequenterà l’università di ROMA 3 lì vicino, potrà utilizzare comunque l’appartamento dei nonni? Pia Consoli Medici

 

L’azione legale può essere l’unica soluzione ed è senz’altro proponibile con certezza di successo. Purtroppo però ha tempi abbastanza lunghi: occorre infatti una perizia di parte su cui, se i comproprietari in comunione  si mettano d’accordo, è possibile che il giudice si pronunci abbastanza rapidamente, con un’ordinanza. Se però ci dovessero essere disaccordi, come probabile, oltre alle due perizie delle parti si avrà quella del perito d’ufficio nominato dal giudice,e poi una sentenza. Il secondo tipo di procedura, quello che porta alla sentenza, prevede a Roma un’attesa che è stimabile in circa due anni e forse può slittare a tre.

Nel caso della comunione non è possibile a ciascuno dei “comunisti” (si chiamano proprio così) imporre da solo come godere della cosa comune: occorre una decisione presa in un’assemblea tra i comunisti,che non danneggi nessuno. Se una delle parti si rifiuta di tenere l’assemblea e di decidere, si può ricorrere all’ultimo comma dell’articolo 1105 del codice civile, che prevede che in questi casi  il giudice si sostituisca all’assemblea.