Ci scrive un lettore: "Il mio vicino pretende che io abbatta un albero che sorge a meno di tre metri dalla sua proprietà, che è stato piantato nel 1973. Dice, tra l'altro, che gli toglie luce e aria. Quali sono i miei diritti?

Il codice civile(articolo 892) fissa in effetti a tre metri la distanza minima che deve esistere tra il tronco di una pianta di alto fusto e il confine delle proprietà altrui. Tale distanza può essere incrementata da regolamenti comunali o usi codificati. Tuttavia dopo vent’anni. di esistenza a distanze inferiori a quelle legali gli alberi non possono essere spiantati, per usucapione. Se però muoiono, non è possibile rimpiazzarli con dei nuovi. Fanno eccezione le piante che compongono un filare lungo il confine

Se però la chioma della pianta ostacola la vista da una finestra, a prescindere dalle distanze , non deve essere così folta da impedire lo sguardo. E poiché i rami si estendono ben oltre il tronco, questa regola può costringere il padrone della pianta a tenerla a distanza maggiore, oppure a consentire che sia potata regolarmente.

In ogni momento, inoltre, è possibile per il vicino pretendere il taglio delle radici o dei rami che invadono il suo terreno o lo spazio sovrastante. In questo caso non si può parlare di usucapione ventennale.

Siepi e alberi di basso fusto. La distanza si riduce alla metà (1,5 metri)per gli alberi inferiori a 3 metri di altezza e a un solo metro per le siepi,le piante da frutto (se alte meno 2,5 metri), le viti e gli arbusti. Tuttavia se la siepe fa da confine tra due proprietà recintate, e non si prova a chi appartiene, si presume comune . Può quindi sorgere direttamene sul confine e va mantenuta a spese di entrambi. Gli alberi di basso fusto possono sorgere anche vicino a un muro divisorio, se non superano la sua sommità.

Distanze e condominio. Le norme sulle distanze legali non si applicano automaticamente ai giardini condominiali. Infatti gli alberi e le siepi comuni appartengono anche a chi lamenta un possibile disagio.. Ragioniamo: buona parte dei giardini condominiali finirebbero di esistere, se si applicassero rigidamente tali distanze. Tuttavia in condominio vale l'articolo 1102 del codice civile, che impedisce al condomino di "estendere il diritto sulla cosa comune" in danno agli altri. Pertanto l' albero che toglie luce ed aerazione a un condomino con le sue chiome va potato, a spese di tutti. Secondo la Cassazione (sentenza 3666/1994), la potatura è a carico di tutti i proprietari del palazzo anche quando la pianta sorge nel giardino privato di un solo condomino, se la sua presenza contribuisce al decoro dell'intero edificio e la potatura stessa è adatta a garantirlo.

Deroghe. Oltre a quanto stabiliscono i regolamenti locali, vi sono eccezioni a questi principi. Per esempio si può stabilire per contratto una servitù per la quale che il vicino non possa far crescere oltre una certa altezza i suoi alberi. Così si riuscirà a garantirsi per sempre il panorama dalla finestra. Inoltre l'articolo 879 del codice civile stabilisce che alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le regole sulle distanze legali. Per esse ne valgono altre, per esempio quelle delle cosiddette "fasce di rispetto" stabilite dal codice della strada. Il suo regolamento di attuazione, stabilisce distanze per i nuovi impianti di alberi d'alto fusto uguali alla massima altezza raggiungibile dalla pianta e non inferiori a 6 metri da confine stradale (1 metro per le siepi vive inferiori al metro e 3 metri per quelle più alte).

Silvio Rezzonico, presidente Confappi (Confederazione piccola proprietà immobiliare)