Locazione, diritto di abitazione e usucapione tra coeredi

 

Ho ereditato nel 1978 la quota di 1/6 unitamente a mio fratello quota di 1/6 e mia madre quota di 4/6 della villetta dove abita mia madre che ha il diritto d'uso art.540 c.c. Nel 1980 si è provveduto al sopralzo e nel 1982 sono andato ad abitare con mia moglie dopo il matrimonio e dove abito tutt'ora. Le bollette del gas, luce e telefono sono a me intestate ed essendo già 20 anni che abito in quell'appartamento posso esercitare il diritto di usucapione e quali sono le procedure? Il box intestato a tutte e tre ma che ho costruito con i miei soldi dopo il matrimonio rientra nel diritto di usucapione? Mia madre ora pretende l'affitto da me e mia moglie è legale tale richiesta considerando il fatto che nel sopralzo e per il box ho investito i miei soldi e mio fratello che abita altrove non ha investito nulla e non ha mai partecipato a nessuna spesa di nessuna natura? Come posso tutelarmi per recuperare ciò che ho investito?

Sua madre non ha un diritto d'uso, bensì un diritto di abitazione, quello riservato al coniuge del defunto sulla casa di famiglia. Il diritto di abitazione è regolato dagli articoli 1022-1026 del codice civile. L'articolo 1024 afferma "I diritti d'uso e d'abitazione non si possono cedere o dare in locazione". L'estinzione del diritto di abitazione è disciplinata dall'articolo 1014 del Codice civile (dettato in materia di usufrutto e applicabile alla fattispecie in esame in virtù del richiamo di cui all'articolo 1026), secondo il quale il diritto si estingue: "per prescrizione per effetto del non uso durato per venti anni". Pur prescrivendosi il diritto di abitazione, sua madre resta comunque proprietaria dei 4/6 della villetta, a meno che non sia maturata l'usucapione, anch'essa ventennale, che è possibile anche tra coeredi. .

La Cassazione ha chiarito, che non è sufficiente che chi vuole usucapire dimostri che i coeredi non abbiano mai fatto uso per vent’anni dell’immobile di cui si è "appropriato". Ne può bastare che uno dei coeredi abbia amministrato il patrimonio, pagando le imposte e le utenze, e provvedendo alla manutenzione del fabbricato: infatti si presumere che si sia limitato ad anticipare le spese degli altri, in attesa di farsele rimborsare. Occorre invece che il comproprietario abbia dimostrato, in modo palese, di voler essere il vero padrone, in modo tale da escludere qualsiasi pretesa da parte di altri di utilizzare a loro volta il bene. Quindi una freccia al suo arco potrebbe essere: o partecipate alle spese che ho fatto in passato, o potrò tranquillamente usucapire (naturalmente va provato di avere pagato tali spese).

Chi usucapisce, diviene automaticamente proprietario allo scadere del ventesimo anno, senza bisogno di atti pubblici. Con un effetto retroattivo: è come se ne fosse stato proprietario da sempre, o meglio dal momento in cui ha iniziato a comportarsi da padrone. L’acquisto si trasmette anche al coniuge in comunione di beni.

Tuttavia, per vedere trascritto presso i registri immobiliari la sua proprietà, deve ricorrere al tribunale del luogo dove è l'immobile è situato, pagare le relative spese di giudizio, l'imposta di registro e quelle ipotecarie e catastali. Solo così potrà rivendere la casa o far valere i propri diritti rispetto a terze persone, estranee al rapporto tra nuovo e vecchio proprietario (Cassazione 9884/1996).