La villetta costruita in proprio

 

Costruirsi la casa da soli è un bel risparmio? Verrebbe da dire di sì, soprattutto se si consulta uno di quei cataloghi che propongono, a prezzi che paiono molto ridotti rispetto a quelli del mercato tradizionale, villette prefabbricate in legno (le più convenienti) o anche in cemento.

In realtà, prima di fare il passo più lungo della gamba, occorre rendersi conto di un fatto fondamentale: in Italia, stretta e sovraffollata Penisola in buona parte ingombra di pendii e montagne, il vero costo di un immobile è spesso “l’incidenza terreno”, cioè il terreno fabbricabile (altrove, come in Brasile o anche negli Stati Uniti, non è normalmente così). Il terreno lo paghiamo anche quando acquistiamo una casa “usata” in città: tant’è vero che due immobili identici, uno nelle vie del quadrilatero del centro della moda a Milano e un altro nella degradata Quarto Oggiaro costano il primo sei volte tanto il secondo.

Naturalmente si può obiettare che i terreni edificabili si trovano normalmente in periferia, nei piccoli centri o in campagna, dove costano anche meno. Ma in tal caso il metro di paragone diviene le quotazioni delle abitazioni usate nella stessa zona.

Quindi il primo fattore da prendere in considerazione nella valutazione costi-benefici è il costo del fondo su cui costruire (molto variabile) e solo dopo quello dell’edificazione (più standard).

Ovviamente se si è già proprietari di un terreno con queste caratteristiche, non c’è match: la casa costruita da sé vince la gara con distacco. Ma è anche il caso più raro.

Una seconda considerazione è la qualità della costruzione. Va subito premesso che quelle nuove prevedono esborsi consistenti anche perché sono sottoposte a condizioni molto più rigide del passato: sono necessari standard di isolamento termico, acustico, di qualità degli impianti, di sicurezza anti-sismica piuttosto elevati. C’è certo la soddisfazione di divenire proprietari di un immobile più “efficiente” e gradevole da abitare, che tra l’altro consumerà meno energia di uno costruito trent’anni fa, consentendo risparmi futuri. Però per chi non ha liquidi a sufficienza ciò può significare il rischio di spese immediate troppo elevate

Terreni edificabili: l’offerta.

L’offerta di terreni “sgombri” è in Italia molto limitata. Infatti il proprietario di un fondo di questo tipo tenderà senz’altro a costruire immediatamente o quasi, o perlomeno a chiedere un permesso di costruire o una dichiarazione di inizio di attività (che in genere hanno valore triennale) in base a un progetto concordato con il comune. Poi venderà il terreno completo del progetto stesso, lasciando tuttalpiù all’acquirente la possibilità di chiedere delle varianti in Comune.

I perché di questo comportamento sono molti. Il primo è che così il proprietario cerca di cautelarsi contro la possibilità che l’amministrazione locale cambi idea e trasformi il suo terreno edificabile in agricolo con una semplice decisione in consiglio comunale, facendo crollare il valore della sua proprietà. Il secondo è che una cosa è un terreno teoricamente edificabile, e un'altra è un terreno per cui è stato approvato un progetto di edificazione (che in seguito si potrà anche variare): quest’ultimo  vale sul mercato della compravendita più del primo. Il terzo è che certi proprietari hanno come scopo far costruire loro stessi, vendendo poi i fabbricati e guadagnando così di più. L’ultimo motivo è che sui terreni edificabili si paga spesso un’Ici (Imposta comunale sugli immobili), molto salata, proporzionale al loro valore di mercato nella zona: più li si conserva senza utilizzarlo, più si spende.

Qualche spazio in più si ha quando si acquista un rustico un tempo agricolo, magari completo di annessi (stalla, porcilaie, tettoie eccetera). Qui occorre fare attenzione che tutti i singoli edifici siano correttamente accatastati e iscritti con autonoma categoria nel catasto fabbricati. Ammesso che il comune lo permetta, e pagando non poco, sarà possibile il cambio d’uso anche degli annessi agricoli.

Se il rustico non ha valori architettonici o tradizionali particolari, potrà essere più conveniente demolirlo e ricostruirlo, anziché restaurarlo:purchè sui serbi la stessa pianta e i prospetti tale opera è in genere sottoposta a contributi inferiori rispetto alla nuova edificazione e in genere sono consentite limitate “traslazioni” sul fondo (e possibile spostare la costruzione o orientarla meglio al sole). Spesso i costi di restauro di un immobile in pietra o mattoni pieni malandati superano quelli di demolizione e ricostruzione.

Prefabbricati e costruzioni ad hoc. Chi si costruisce una casa da sé, ha in sostanza due scelte. La prima è incaricare un tecnico progettista, che stenda un progetto accettabile in Comune e un capitolato in base al quale vengono messe in gara più imprese per un’offerta economica. La seconda è acquistare una casa “su catalogo” prefabbricata e verificare che il suo progetto sia accettabile in municipio, ( standard di cubatura, altezze distanze eccetera).

Ovviamente la scelta del prefabbricato è più rigida (è ridotto l’adattamento alle proprie esigenze pratiche e stilistiche), ma in compenso permette di limitar, anche se non di eliminare, le sorprese (costi che lievitano incomprensibilmente, vizi di costruzione, vigilanza giorno per giorno sul cantiere non solo del direttore dei lavori, ma anche del committente). Inoltre i tempo di costruzione sono in genere piuttosto ridotti e le case tipo sono spesso visitabili già “montate”, permettendo di avere un’idea concreta del prodotto finale..

Le villette prefabbricate hanno avuto però scarsa diffusione nella Penisola. Innanzitutto perché, coma abbiamo anticipato, è difficile acquistare senza progetto di edificazione o tuttalpiù con immobile da demolire e ricostruire sulla stessa sagoma. In secondo luogo perchè i prefabbricati non godono di alcuna agevolazione urbanistica e debbono pagare per intero tutti gli oneri previsti per l’edificazione, anche qualora si trattasse di una mini villetta in legno priva di fondazioni. Infatti è considerata “nuova costruzione” l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” (articolo 3, dpr n.380/2001). Quindi il criterio discriminante è l’utilizzo permanente su un terreno di una struttura costruita dall’uomo.

 

L’acquisto del terreno: tributi

L’acquisto di un terreno edificabile da un privato sconta un’imposta di registro pari all’8% del suo valore e un’imposta ipotecaria e catastale pari al 3% del suo valore: l’11 per cento in totale. Le stesse imposte sono previste per comprare anche un terreno agricolo, ma solo se a farlo è chi esercita la professione di contadino (dovrà rendere un’apposita dichiarazione nel rogito). Anzi, in questo caso si può far quasi sempre riferimento alle disposizioni “sull’arrotondamento della piccola proprietà contadina”, prorogate da decenni, che prevedono tributi bassissimi.

L’acquisto di un terreno agricolo da un privato (ma anche da un’impresa) ha aliquote molto più alte: si tocca il 18% del valore, tra registro e ipotecarie e catastali: in compenso l’imponibile su cui si applica l’aliquota è enormemente più basso e quindi si finisce per risparmiare.

Se si compra invece da un’impresa, la compravendita di un terreno edificabile è sottoposto ad Iva del 20% più 168 euro fissi a titolo di imposta di registro.

In tutti i casi (acquisti da privati e imprese) sono da aggiungere in conto circa 400 euro di altre spese (indagini ipotecarie, certificati, eccetera) più l’onorario del notaio,di cui non si può fare a meno.

 

La costruzione della casa: limiti urbanistici e costi.

L’edificabilità è condizione necessaria ma non sufficiente: innanzitutto bisogna che sia rispettato un certo rapporto, previsto dai regolamenti comunali e/o dagli altri strumenti urbanistici (per esempio le norme di attuazione del piano regolatore), tra la superficie dell’area e la volumetria costruita. Poi bisogna anche che la costruzione segua certe prescrizioni, dettate in genere dal regolamento edilizio locale oppure da piani di salvaguardia, paesaggistici, vincoli, convenzioni, talora perfino servitù imposte dalla legge e contrattate con il venditore. Esse possono riguardare un’infinità di particolari: per esempio il tipo di copertura del tetto, la sua inclinazione, l’ampiezza dei balconi, l’altezza in piani, il colore della facciata, il tipo di infissi. Prima di spaventarsi, occorre conoscere questi limiti: talora solo ridotti, talaltra numerosissimi. E’ per esempio possibile che si vieti, e non a torto, di innalzare un chalet di stile tirolese, per quanto grazioso, non lontano da una spiaggia del Sud-Italia o una casa in stile moresco in Val d’Aosta.

Infine non va trascurato il discorso delle distanze dai fabbricati vicini, dai confini di altre proprietà, dal mare o da specchi d’acqua, eccetera, che possono essere dettagliatamente fissate. Ammesso che l’opera sia possibile, è anche necessario versare una cifra importante al Comune, a titolo di “contributo di costruzione”,.

 

La costruzione della casa: tributi

Tutto dipende se si tratta di un immobile con i requisiti prima casa oppure no. Se si tratta di prima casa, l’Iva sulle fatture sarà pari al 4%, nel secondo caso del 10% (a meno che si tratti di un edificio con le caratteristiche di lusso, allora si sale al 20%). Le imposte di registro, ipotecarie e catastali saranno pari a 504 euro (prima casa) o 168 euro (seconda).

Per la costruzione dell’abitazione principale si godono detrazioni fiscali annuali del 19% sugli interessi e gli altri oneri per i mutui sottoscritti. In questo caso il detto di detraibilità è di 2582,28 euro (detrazione massima 491 euro) e tra i requisiti c’è che i lavori devono essere iniziati nei sei mesi antecedenti o successivi alla data di stipula del contratto di mutuo e che la casa deve essere adibita ad abitazione principale entro sei mesi dal termine dei lavori.

 

L’accatastamento. Il nuovo edificio sarà denunciato in Catasto: la sua rendita va calcolatala un professionista attraverso una procedura informatizzata (Docfa 3). I prefabbricati non infissi al suolo che servono come pertinenze diverse dai box auto (piccoli depositi attrezzi) non sono in genere denunciati autonomamente e non hanno una propria rendita catastale, ma se ne tien conto come accessori della costruzione principale.

 

 

Qualche calcolo di costi

 

Tenteremo di “dare i numeri”, con stime che vanno prese con tanto di pinze, ma che possono essere un grossolano riferimento. L’edificazione di una villetta nuova in un piccolo comune italiano di almeno 100 metri costa tra i 1.000 e i 1.800 euro al metro quadrato di superficie (calcolato riducendo proporzionalmente quello degli spazi accessori), ivi compresi i contributi di costruzione da versare in Comune, ma esclusi altri eventuali oneri particolari. Per la ristrutturazione di un rustico in buone condizioni si può scendere a 700-1.000 euro al mq.

Detto ciò, è il prezzo del terreno (e quindi la sua posizione), che fa la differenza. Sommate le due cifre si può fare una valutazione un po’ più precisa, raffrontandola al prezzo delle nuove costruzioni in zona. Ci si accorgerà spesso che darsi da fare per costruire da sé ha talvolta costi lievemente superiori rispetto al comprare il nuovo da un’impresa edile: il vantaggio della gestione in proprio è che si ottiene un’abitazione molto più piacevole ed adatta ai propri gusti.

Per le case prefabbricate in legno sono da mettere in conto 900-1.100 euro al metro quadrato di costruzione, almeno 16 mila euro di spese (progetto, direzione lavori, catasto eccetera), più gli oneri urbanistici ed esclusa la sistemazione a giardino intorno. Più il costo del terreno, naturalmente.In faser finale, è possibile ottenere uno “sconto” sul prezzo del 20% rispetto all’edilizia tradizionale, dovuto anche al risparmio sulla mano d’opera ottenibile, dati i tempi brevi del cantiere.