Mutui sospesi per le famiglie in difficoltà

 

Sospensione a partire da gennaio 2010 fino a un anno delle rate di pagamento dei mutui per le famiglie in difficoltà. A goderne saranno però solo una parte dei cittadini e cioè:

-         i dipendenti che hanno perso il posto fisso;

-         persone per le quali è scattato il termine del contratto di lavoro temporaneo tempo determinato, parasubordinato o rapporto di lavoro assimilato;

-         lavoratori autonomi che hanno dovuto “chiudere”;

-         famiglie in difficoltà per la morte del principale percettore di reddito;

-         lavoratori in cassa integrazione e cassa integrazione straordinaria.

Lo contempla un piano varato dall’Abi (Associazione Banche Italiane), di cui non si conoscono ancora però i dettagli, anche perché prima di essere lanciato precederà contatti con le Associazioni dei Consumatori.

La notizia, lanciata il 21 ottobre, va valutata con un po’ di cautela. Non è ancora chiaro chi si accollerà gli interessi dei mutui per il periodo di sospensione. Le singole banche, poi, possono inoltre decidere se aderire o meno all’iniziativa dell’Abi. Infine un analogo provvedimento, lanciato dal governo Prodi con la Finanziaria 2008 , è restato “lettera morta” per la mancanza dei regolamenti attuativi, nonostante i 20 milioni di euro (teoricamente) stanziati.

Il nuovo Governo insediatosi aveva infatti preferito varare a maggio 2008 un altro provvedimento, quello della rinegoziazione, con l’allungamento del periodo di rimborso, dei mutui a tasso variabile: in pratica diminuiva la rata da pagare ma si doveva versare per un periodo di tempo più lungo. Una scelta obbligata per le 50 mila famiglie in difficoltà che vi hanno aderito, destinata a risolversi però in un guadagno e non in una perdita per le banche. A gennaio 2009 il Governo, nel decreto anti-crisi, ha varato un altro provvedimento che fissava in un tetto massimo del 4% gli interessi dei mutui a tasso variabile per il 2009. Il crollo dei tassi sui mutui ha però reso inutile questa misura e non sono mancate contestazioni sui pochissimi rimborsi effettuati..

Infine, a marzo 2009, è stata promossa dal ministro Tremonti, con un protocollo con l’Abi, un’analoga sospensione delle rate dei mutui per famiglie in difficoltà (i cosiddetti “Tremonti bond”) a cui hanno aderito solo pochissime banche (Banco Popolare, Bpm e Mps, a quanto ci risulta). 

 

Il rischio dei finanziamenti ridotti

 

Un’altra notizia è “esplosa” verso fine anno: una proposta di direttiva della Commissione Europea prevede prestiti bancari solo fino al 40% del valore dell'immobile e non più fino all'80%, com'è avvenuto sino a oggi. Si tratterebbe davvero di una rivoluzione dato che la maggior parte di case è comprata con prestiti pari i media  all 50-60% . Anzi, il tipo più in crescita di mutuatari (gli extracomunitari) chiede prestiti anche fino al 100% del valore, cercando di dare garanzie integrative oltre alla casa acquistata.

Applicando una massicci dose di buon senso, la notizia, lanciata con gran cassa anche sulla stampa, sembrerebbe sopravalutata. Pare poco probabile, infatti, che la direttiva passi se non al massimo come “suggerimento” agli Stati membri. Del resto le banche italiane sono ovviamente più che contrarie. Il numero di sottoscrittori di prestiti è stato quest’anno in forte calo anche tenuto conto che il “mercato” dei mutui è in decrescita (- 23% il primo trimestre di quest’anno). Gli italiani sono infine tra i sottoscrittori di mutui più prudenti esistenti in Europa e le nostre banche sono tra gli istituti più “sparagnini” nel concedere denaro di tutto il Continente. Resta vero che anche da noi il numero delle famiglie che non ce la fanno è in costante aumento. A ciò si potrebbe mettere una pezza con perizie più attente sulla capacità di solvibilità dei clienti, cosa che le banche stanno già facendo anche perché i tempi minimi per recuperare il loro denaro attraverso la vendita all’asta degli immobili dati in garanzia sono di almeno cinque anni, ma spesso salgono a dieci o più.

 

 

Tra fisso e variabile c’è l’alternativa del tetto massimo

Il mutuo a tasso variabile? E’ come vivere sulle montagne russe. Talora il colpo al cuore è assicurato: la rata da pagare si alza insopportabilmente (come è capitato nel 2008). In altri momenti, per fortuna, precipita (come è accaduto oggi). Meglio quindi il mutuo a tasso fisso? Andiamoci piano. E’ vero, si paga sempre la stessa rata. Però costa molto di più avere un finanziamento (oggi , che le banche si attendono un futuro rialzo degli interessi, anche il 3%). E poi, quando i tassi scendono, non si ha nessun vantaggio.

Per non rendere la scelta tra fisso e variabile l’unica possibile, le banche hanno messo a punto numerosi meccanismi (tassi misti tra i due, per esempio, o tassi variabili con rata fissa, che allungano o accorciano la durata del prestito, tenendo fissa la rata ). Ma, oggi come oggi, la vera novità sul mercato è il cosiddetto “variabile con cap”. In sostanza gli interessi continuano a cambiare a seconda dei parametri di indicizzazione (vedi glossario), ma entro un tetto massimo (il cap, appunto). In sostanza, la banca si assume il rischio di non incassare gli interessi superiori a tale tetto (attualmente, il 5,5% circa).

Ovviamente gli istituti di credito non regalano nulla: un mutuo variabile con cap costa più di uno tradizionale (ma pur sempre meno di uno a tasso fisso). A proporre questa formula sono oggi alcune banche (Monte dei Paschi di Siena, Barclays, Mediolanum, Bpm) ma altre stanno aggiungendosi. E possibile calcolare che, in caso ricapitino situazioni di rialzo dei tassi simili a quelle che si sono verificate tra settembre e ottobre 2008, la differenza tra la rata da versare tra un variabile e un variabile con cap è  di centinaia di euro (oltre 400 euro in media, per un mutuo di 20 anni con capitale di 120 mila euro). Attenzione, però: alcune banche offrono sì un tetto massimo, ma anche un “pavimento”: i tassi non possono neanche scendere oltre una certa percentuale.

 

 

Gli oneri accessori del mutuo

 

Il mutuo ha costi ulteriori a quelli dei semplici interessi applicati, che possono variare di banca in banca, e il cui importo deve essere chiaramente specificato nei contratti. Occorre naturalmente tenerne conto prima di sceglier la migliore delle offerte presentate. Essi possono essere fissi o proporzionali all’importo erogato: alcuni possono essere compresi nel “prezzo” finale del mutuo, e quindi non è necessario calcolarli. Ecco i più comuni:

-         istruttoria della pratica. E’ l’analisi del reddito e delle spese mensili del nucleo familiare o dell’azienda, condotta dalla banca, per stabilire la capacità di rimborso;

-         - spese di incasso e di spedizione della corrispondenza. Talora non si pagano, talaltra sono conteggiate a forfait (si paga una cifra una volta per tutte), altre volte addebitate via via che si presentano. Tra di esse si possono comprendere anche quelle di rendiconto annuale.

-         di perizia. E’la valutazione del valore dell’immobile che serve di garanzia;

-         notarili (da pagare direttamente al notaio per la su prestazione). Dipendono dagli onorari, che tengono conto a loro volta del valore della casa compravenduta e, soprattutto, di quello dell’ipoteca, oltre che di particolari difficoltà della pratica;

-         di polizza. Le polizze possono essere obbligatorie o facoltative. Coprono in genere il rischio che la banca si assume (che l’immobile si incendi o sia distrutto da un terremoto o che il mutuatario perda il lavoro o fallisca). Possono anche coprire però anche il rischio che corre chi sottoscrive il mutuo, con costi aggiuntivi spesso notevoli e con ulteriori garanzie da dare alla compagnia di assicurazione).

-         imposta sostitutiva: è dovuta alla banca nella misura dello 2% dell'importo erogato, salvo per la “prima casa”, per cui scende allo 0,25%. E’ sempre accollata al mutuatario. La Finanziaria 2008 ha chiarito che, per ottenere l’imposta sostitutiva ridotta occorre dichiarare nel contratto di mutuo che si acquista una prima casa (e, ovviamente, avere il diritto di farlo). Altrimenti l’agevolazione si perde.

-         - il tasso di mora, generalmente superiore a quello ordinario, previsto anche per il ritardato pagamento di una sola rata; esso, però, secondo i più recenti orientamenti normativi e giurisprudenziali, non può esorbitare certi livelli. Si possono aggiungere anche le commissioni di insoluto e le spese di recupero crediti.

Attenzione nel TAEG (tasso effettivo del mutuo), che le banche possono o sono costrette (per il tasso fisso) a dichiarare ,perché si possa conoscere il prezzo reale di un mutuo, sono comprese le spese di istruttoria, quelle di incasso e le polizze obbligatorie. Sono escluse però le spese di perizia, quelle di polizze facoltative, quelle notarili,quelle relative all’imposta sostitutiva e gli eventuali tassi di mora.

 

Glossario

 

Euribor (euro interbank offered rate). Costo giornaliero del denaro per le transazioni interbancarie a breve termine. Indica il tasso a cui le banche regolano le loro transazioni in Euro, con restituzione prevista dopo uno, tre o sei mesi. Talora, ai fini del calcolo, l'anno è supposto come se fosse fatto di 360 giorni, anziché di 365. E' di gran lunga il parametro più adoperato per calcolare le variazioni dei tassi dei mutui.

Mutuo a tasso fisso. Mutuo con rata prefissata al momento della stipula.

Mutuo a tasso misto. Mutuo che per un certo periodo è a tasso fisso, mentre per il rimanente prosegue a tasso variabile o a tasso fisso (anche con possibilità di opzione da parte del cliente) ma a condizioni diverse da quelle iniziali.

Mutuo a tasso variabile. Mutuo il cui tasso varia a seconda del variare dei parametri di riferimento. Se ad esempio un mutuo è ancorato all'Euribor le rate saliranno e scenderanno proporzionalmente all'aumento e alla diminuzione del valore del tasso.

Mutuo a tasso variabile con cap (o cap and floor). Mutuo il cui tasso varia a seconda del variare dei parametri di riferimento ma entro limiti prefissati che non può superare. Ha sempre un “tetto massimo” di interessi , che non può superare, ma può anche avere un tetto minimo (o meglio un “pavimento”) sotto il quale l’interesse non può scendere (mutui “cap and floor”).

Mutuo a tasso variabile e rata fissa. Mutuo il cui tasso varia a seconda del variare dei parametri di riferimento, senza però influire sulla rata periodica da versare, ma bensì sulla durata del mutuo stesso, che si accorcia se i tassi scendono e si allunga se salgono.

Parametro di indicizzazione. Indice finanziario che determina il tasso di un mutuo variabile o la resa di un investimento. Il più comune è l’Euribor

Spread . È la maggiorazione che la banca addebita oltre al tasso di interesse calcolato sul parametro di riferimento, a un mutuo o a un investimento finanziario. .

Taeg. Tasso annuo effettivo globale. Costo annuale effettivo di un prestito espresso in percentuale al capitale, tenendo conto di commissioni e le spese sostenute per ottenere il finanziamento e per pagare le rate.