Giovanni Tomassoli*

Duro colpo della Corte Europea dei diritti dell'uomo alla legittimità di molte sentenze della Cassazione italiana, che da 17 anni a questa parte hanno creato un vero mostro giuridico la cosiddetta "occupazione acquisitiva" o "accessione invertita". In sostanza la Cassazione ha sancito in tutti questi anni che, se l'amministrazione pubblica si appropria illegalmente di un terreno privato, e vi realizza un'opera pubblica, ne diviene proprietaria dalla data del termine dell'opera pubblica stessa. Le eventuali sentenze da parte del Tar (il tribunale amministrativo regionale) che impongano in seguito la restituzione dell'immobile, anche quando sono valide, restano inefficaci e inutili. Tuttalpiù il privato può chiedere il risarcimento dei danni subiti, anche se non si è ben capito in che proporzione, se integrale o meno, dato le diverse opinioni espresse in proposito dalla Cassazione nel corso degli anni.

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha assunto un ruolo "pilatesco", limitandosi ad affermare che il suo ruolo è pronunciarsi sulle leggi, non sulla giurisprudenza e che comunque "l’interesse pubblico alla tutela delle opere pubbliche prevale sull’interesse individuale connesso al diritto di proprietà"(sentenza 188 del 1995).

Non così la Corte Europea, che ha denunciato la violazione dell'articolo 1, protocollo 1della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, firmata dall'Italia nel 1950 (sentenza 30 maggio 2000, su ricorso 31524/96). Le parole usate sono state assai dure: si è detto tra l'altro che perché si possa parlare di pubblico interesse, ogni interferenza della pubblica autorità con il pacifico godimento della proprietà dovrebbe essere legittima. Ed è contro il principio di legalità qualsiasi meccanismo che "permetta all'autorità di trarre beneficio da una situazione illegittima e nella quale il proprietario si trova davanti al fatto compiuto". Qui non siamo di fronte a un'espropriazione che sarebbe giustificata dal pagamento di un'equa indennità- ha aggiunto la Corte - ma di fronte a un'appropriazione per la quale il proprietario non ha potuto ottenere riparazione".

In effetti la vicenda ha del comico, se non fosse tragica. Riguarda l'Hotel Belvedere sull'Argentario, proprietario di un fondo i 1375 metri quadrati che permetteva l'accesso al mare. Nel maggio del 1987 il comune deliberò l'occupazione dell’area. Nel dicembre dello stesso anno il Tar della Toscana annullò la delibera giudicando insufficienti gli accertamenti tecnici previsti dal progetto e negando il suo "interesse pubblico". Ma nonostante tre istanze dell'albergo per ottenere la restituzione del fondo, il Comune proseguì i lavori. Nuovo ricorso al Tar che decretò il diritto di proprietà del comune, anche se ottenuto con un atto illecito. Appello alla Va sezione del Consiglio di Stato che rimette la questione alla sua Adunanza Plenaria, pur dando parere favorevole all'albergo. Infine l'Adunanza Plenaria del Consiglio stessa giudica "irreversibile" l'occupazione, dato che i lavori stradali sono terminati: spinge quindi l'albergo ad accontentarsi del risarcimento dei danni.

Ricordiamo che le sentenze della Corte Europea hanno piena efficacia, che prevale perfino sulle decisioni della Cassazione o della Corte Costituzionale. Tuttavia valgono solo per le parti in causa: chiunque si trovi in identica situazione, è costretto a sua volta a far ricorso. L'esecuzione della sentenza è affidata al Comitato dei Ministri europei. Oppure, come nel caso in esame, a una commissione di conciliazione. Le decisioni della Corte hanno un forte contenuto politico e hanno come scopo spingere lo Stato membro a modificare le proprie leggi o a vararne comunque alcune che impediscano interpretazioni della giurisprudenza che cozzano contro i diritti fondamentali del cittadino.

*Federamministratori_Confappi