Al risparmio energetico si sommano agevolazioni e contributi

 

Contabilizzazione, caldaie a condensazione, coibentazione: i calcoli costi-convenienza

 

 

Contabilizzazione del calore

 

Ormai imposta per legge nei nuovi edifici non solo in Italia ma anche in tutti i Paesi avanzati, quella che con un espressione un po’ infelice è definita la “contabilizzazione del calore” è senz’altro la soluzione più “risparmiosa” anche per gli impianti esistenti.

Può essere sintetizzata in uno slogan: “caldaia centralizzata, consumi personalizzati”. Sprecando qualche parola in più, si può dire che ogni condomino ha la possibilità, attraverso particolari dispositivi, di spegnere, ridurre o alzare (entro il limite di legge di 20 gradi in media, più due di tolleranza) la temperatura del proprio appartamento, ufficio o negozio,nonostante che si serva di un generatore di calore comune a tutti i suoi vicini di casa. Grazie a contatori individuali, ciascuno paga solo il calore che ha effettivamente consumato. Né più né meno di quel che accade con l’energia elettrica, per cui chi più consuma più paga.

Per essere più precisi, costi comuni continuano comunque ad esistere: quelli di installazione e manutenzione dell’impianto, che finiranno per incidere, a seconda dei casi, dal 20 al 40% della bolletta termica e saranno divisi per i millesimi di proprietà (questa percentuale è tanto più bassa tanto più sono i proprietari in un palazzo).

Chi può scegliere la contabilizzazione. Va subito detto che è poco probabile che in un condominio dove tutti hanno già la loro caldaietta autonoma si passi alla contabilizzazione: questo perché i costi sarebbero troppo elevati (fatta eccezione, forse, per il caso,in cui l’impianto è passato da uno unico a tanti autonomi in passato e si decida di ritornare sulle proprie scelte).

Viceversa il tandem centralizzato-termoautonomo è, vincente sia quando il generatore unico di calore esisteste già, sia quando si deve acquistare un nuovo appartamento e si verifica come viene riscaldato..

I motivi sono tanti, sia dal punto individuale che da quello sociale.

Dal punto di vista di un sano egoismo, c’è da mettere in conto che:

1)      Una caldaia unica consuma molto meno di tante, dura di più e le relative spese di manutenzione, spartite tra tutti, sono meno elevate;

2)      Ciascun proprietario è responsabilizzato: ogni spreco di energia ricade soprattutto su di lui e non su tutti;

3)      Più sicurezza: se c’è uno scoppio nell’appartamento del vicino, possiamo lasciarci le penne anche noi. Le caldaie centralizzate, invece, sono più controllate e mantenute (causa le responsabilità degli amministratori condominiali e delle ditte incaricate dell’esercizio);

4)      Regolazione diversificata dei caloriferi, stanza per stanza. Quindi non solo meno consumi, ma anche più salute.

5)      Un solo comignolo é esteticamente più piacevole da vedersi di tanti;

6)      Ogni combustibile è adatto (gasolio, metano, gpl, legno, per esempio).

Ma anche dal punto di vista sociale vi sono tre vantaggi decisivi:

1)      Minori consumi energetici (e quindi, meno inflazione);

2)      Meno inquinamento (un solo condotto di esalazione produce meno fumi di tanti);

3)      Riduzione del numero di incidenti e dei loro costi sociali.

 

 

Quando conviene farlo

 

E’ senz’altro preferibile imboccare il passaggio al contabilizzato quando sono in conto altri lavori sull’impianto. Si tratta soprattutto della sostituzione o della trasformazione della vecchia caldaia. Sostituzione, quando l’apparecchio è verso la fine del suo ciclo di vita (e allora sarà il caso di vedere se non metterne uno a condensazione, vedi articolo a fianco). Oppure trasformazione quando si passa dal gasolio o dal gpl (gas propano liquido) al metano, sia perché il metano inquina e costa meno, sia perché si è stati raggiunti da poco dalla rete di distribuzione.

Il vantaggio della contabilizzazione è quello di non costare uno sproposito, perché prevede lavori molto contenuti, con limitato apporto di mano d’opera. Si utilizzerà, in sostanza, il vecchio impianto centralizzato (purché sia in regola) con l’aggiunta dei necessari apparecchi. Le opere non prevedono la rottura di muri e pavimenti e neanche l’installazione di nuovi radiatori.

Prima di essere più precisi sulla spesa, occorre però chiarire che essa dipende da come è fatto l’impianto attuale. Cioè se è a distribuzione verticale o orizzontale.

 

 

Impianti a distribuzione verticale

 

Diversi tubi montanti salgono nei vari appartamenti e servono uno o più caloriferi per appartamento. Il conteggio del calore consumato andrà fatto quindi radiatore per radiatore. Quindi su ogni su ogni radiatore andranno montati due apparecchietti: un “ripartitore” elettronico che registra il consumo e una “valvola termostatica” che regola la temperatura del singolo calorifero stesso. Talora si preferisce montare una valvola “cronotermostatica” che regola automaticamente la temperatura a seconda delle ore del giorno (per esempio, più bassa nel periodo diurno in stanza da letto e più calda in soggiorno, e viceversa durante la notte).

Ovviamente il ripartitore invierà i dati a una centralina-contatore per tutto il palazzo.

 

 

Impianti a distribuzione orizzontale (o “a isola”)

Ogni appartamento è servito da tubazioni proprie che “fanno il giro” dei singoli locali e poi si collegano, in genere sul pianerottolo, alle tubazioni condominiali. Questo tipo di impianto è comune solo nei palazzi recenti. Ha i suoi pro e i suoi contro. Tra i primi c’è il fatto che il conteggio dei consumi può essere fatto da un solo apparecchio ed è più affidabile. Inoltre è più facile gestire automaticamente il calore a seconda delle ore del giorno (le valvole cronotermostatiche radiatore per radiatore sono abbastanza care). D’altronde l’adattamento alla contabilizzazione è un po’ più complesso e costoso: occorre una valvola di zona, azionata da un cronotermostato: questi due dispositivi permettono di regolare o spegnere il riscaldamento di casa in autonomia.

Nel locale caldaia si installano infine le valvole di sfioro (una per ogni colonna), che fanno circolare e mantengono calda l'acqua dell'impianto anche quando tutte le valvole di zona sono chiuse.

In definitiva l’adattamento alla contabilizzazione di questi impianti ha prestazioni e costi superiori.

 

La gestione a distanza

 

Con qualche spesa in più è possibile adattare l’impianto alla gestione a distanza. L’investimento maggiore è compensato, in tutto o in parte, dai minori costi che dovrebbe “caricare” la ditta che cura l’esercizio della caldaia, dalla sua maggiore efficienza e da alcune comodità. In sostanza attraverso la centralina che trasmette via radio o modem al computer del gestore (o, al limite del proprietario di una villetta) è possibile conteggiare i consumi, comandare il funzionamento l’impianto e perfino accorgersi di certi malfunzionamenti. La gestione a distanza ha un costo aggiuntivo inferiore per gli impianti a distribuzione orizzontale e, in genere, per quelli che installano con apparecchiature tecnologicamente più avanzate (come le valvole cronotermostatiche).

Almeno in teoria, la gestione a distanza è preziosa per i proprietari di seconde case. Un proprietario che risiede a Parma sarà in grado di telefonare all’amministratore, che magari sta a Trento, chiedendogli di scaldare"via radio” i caloriferi del suo appartamento a Madonna di Campiglio, dove intende passare il week end.

 

Valutazione dei costi

 

Prendiamo un condominio tradizionale (20 appartamenti).Se l’impianto è a distribuzione verticale i costi (Iva al 10% compresa) possono essere stimati in poco più di 100 euro a calorifero, se si ricorre alle valvole termostatiche e in 165 euro, se si opta invece per quelle cronotermostastatiche. Al primo sistema va aggiunto un 60% in più se si vuole la gestione a distanza con centralina di controllo radio e al secondo un 40% se si punta allo stesso obiettivo. Per l’impianto a distribuzione orizzontale c’è dimettere in conto di più: 210 euro a calorifero, ma solo il 20% in più per la gestione a distanza.

Ovviamente queste indicazioni valgono solo se non occorre sostituire la caldaia, se le tubazioni sono ragionevolmente coibentate e se non occorrono altri opere per la messa in sicurezza dell’impianto (trasformazione del locale caldaia, pulitura o intubamento delle canne fumarie, eccetera).

La contabilizzazione è avvantaggiata dalla detrazione fiscale del 36% e, in qualche caso, da quella alternativa e ancor più conveniente del 55%,quando si sostituisce la caldaia con un modello a condensazione o a biomasse a bassa entalpia (in genere a legna o a pellets, ma di ultima generazione).

Qualche legge regionale prevede ulteriori incentivi.

 

Risparmi energetici

 

Ecco un esempio tratto da uno studio sul campo dell’A.S.M. di Brescia (ora A2 s.p.a), rispetto a tre condomini diversi:

 

 

Condominio

Consumi destagionalizzati (media su 2 anni)

Risparmio energetico conseguito

Prima del contabilizzato Kwh

Dopo il contabilizzato Kwh

1° anno

2° anno

A (20 appartamenti)

154.194

131.383

14,79%

22,76%

B (10 appartamenti)

96.229

84.034

12,6%

21,63%

C (8 appartamenti)

91.525

69.727

23,82%

-

 

Delibera condominiale

 

La legge n. 10 del 1991 afferma che per decidere per l’impianto contabilizzato l’assemblea dei condomini “decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

La norma non è chiara, ma l’interpretazione accreditata è che in prima convocazione basti il voto favorevole di più di metà degli intervenuti e almeno 500 millesimi e, in seconda convocazione (quella in cui in realtà di decide), sempre quella degli intervenuti più almeno un terzo dei millesimi Attenzione: “almeno terzo dei millesimi “ significa però che deve trattarsi della maggioranza dei millesimi dei condomini presenti, personalmente o per delega, in assemblea.

Sembra anche accertato che non sia necessario, per la validità della delibera, produrre una relazione tecnica che provi il risparmio energetico conseguito con la contabilizzazione.

 

Caldaie a condensazione

 

Sempre più commercializzate in Italia, le caldaie a condensazione sono senz’altro gli apparecchi a maggiore risparmio energetico esistenti sul mercato e sono agevolate dalle norme (detrazione del fiscale del 55%).. Utilizzano il principio di recuperare parte del calore di combustione che le altre caldaie disperdono nell’ambiente, con la condensazione del vapore acqueo e la conseguente diminuzione della temperatura dei fumi di scarico.

Per questa ragione il calore viene ceduto al fluido che trasporta il calore in quantità superiore rispetto alle caldaie convenzionali di pari potenza, per mezzo di maggiori superfici di scambio termico. I rendimenti utili tipici di una caldaia tradizionale di nuovo tipo variano tra l’85% e il 91%, mentre la caldaia a condensazione può raggiunge valori superiori al 100%, variabili in genere tra il 97% ed il 105%, fino ad un massimo di 108% (a seconda della temperatura dell’acqua dell’impianto). Sono prodotte in una gamma che va da 11 a 1.100 Kw. Quindi possono essere sia individuali che centralizzate.

I costruttori vantano il fatto che abbiano un rendimento del 20-25% superiore alle caldaie tradizionali: affermazione vera ma solo se le si confronta con quelle di vecchio tipo, non con quelle attualmente in commercio. Va comunque tenuto conto che costano di più, e quindi il risparmio è garantito solo se lo si “spalma” negli anni di vita dell’apparecchio (che può durare di più di quello tradizionale), tenuto conto anche dei minori oneri di manutenzione di tutto l’impianto (canne fumarie comprese). In”accoppiata” con un impianto di contabilizzazione del calore e, magari, con opere di coibentazione, sono uno dei tasselli che può tranquillamente tagliare a metà (se non di più) i costi energetici di un edificio, soprattutto se sui tratta di un condominio di dimensioni medio-grandi.

 

Costi e guadagni.

 

Il costo per una caldaia centralizzata a condensazione per un condominio di 20 appartamenti, Iva compresa, è valutabile intorno ai 20 mila euro più altri 10 mila a di costi per gli impianti di pompaggio e distribuzione del gas e altri 14 mila di mano d’opera (stima, quest’ultima, prudenziale e in eccesso, e che comprende qualche adeguamento alle norme di sicurezza e risparmio energetico).Totale, 44 mila euro. L’installazione di una caldaia tradizionale del nuovo tipo è meno onerosa (30 mila euro circa).

Si può, giustamente, obiettare che le caldaie a condensazione possono godere della detrazione fiscale del 55%, che rende gli oneri di installazione molto più bassi. Va però ricordato che come presupposto per la detrazione c’è il fatto di installare calorifero per calorifero delle valvole termostatiche (che però, nei fabbricati abbastanza recenti possono esistere già). Di ciò non abbiamo tenuto conto nella tabella qui sotto, per rendere omogenei i confronti. Se si sposa il detto “fatto trenta, facciamo trentuno” tanto varrebbe a questo punto adeguare l’impianto alla contabilizzazione del calore, spendendo sicuramente,di più, con la sicurezza però di risparmi assai più incisivi (il 45% in media sui costi energetici futuri).

 

I calcoli sul risparmio

(costi annui ad appartamento di 100 mq per condominio di 20 unità)

 

Confronto tra impianto tradizionale e impianto con caldaia a condensazione (fabbisogno energetico annuo 8.000 Kw/h, potere calorifico del metano 9,44 kwh/mc, costo unitario metano 0,6 euro/mc.)

 

Consumo energia primaria Kwh/anno*

Consumo gas naturale mc/annuo

Costo annuo gas + Iva 20% (euro)

Ammortamento + conduzione + manutenzione annui (euro)

Costo totale annuo (su 15-20 anni) euro

Risparmio %

Caldaia tradizionale con rendimento al 75% (vecchio tipo)

10.667

1.129,94

813,56

136,0

949,56

0%

Caldaia tradizionale con rendimento all'85%

9.412

997,01

717,85

105,0

822,85

13,34%

Caldaia a condensazione con rendimento al 100%

8.000

847,46

610,17

147,5

757,67

20,21%

Caldaia a condensazione con rendimento al 100% (- sconto fiscale 55%)

8.000

847,46

610,17

87,9

698,04

26,49%

 

Fonte: Ufficio Studi Confappi-Federamministratori

 

* Nota: la colonna in corsivo può essere tagliata

 

Nella tabella abbiamo riportato sinteticamente il risultato di complessi calcoli per valutare il risparmio reale dell’investimento in una caldaia a condensazione, che potrebbero essere giustificati cifra per cifra. Come si nota, anche tenendo conto che i costi di una caldaia del genere sono superiori a quelli di una “tradizionale”a discreta resa energetica, il risparmio a lungo termine è garantito. Tra i tanti fattori di cui si è tenuto conto vi è il ciclo di vita della caldaia (15 anni per il vecchio tipo, 20 anni per i nuovi, tradizionale e a condensazione), l’eventuale detrazione fiscale del 55% (ridotta al 53% per un 2% di costi), il fatto che la gestione e la manutenzione straordinaria delle nuove caldaie (14 mila euro ventennali stimati) è meno onerosa di quelle vecchie.

 

Un cappotto all’edificio

 

Quando si pensa all’efficienza energetica di un immobile (e quindi ai risparmi possibili sulla bolletta), si tende inconsciamente a privilegiare il suo impianto di riscaldamento: un atteggiamento “tecnologico”, tipico della nostra civiltà occidentale. In realtà ci si dimentica come l’immobile è fatto, cioè quale risparmio “passivo” può avere, quello dipendente dalla mancanza di dispersioni di calore attraverso pareti, solai, pavimenti e tetti.

L’isolamento dall’esterno è inoltre utile anche contro il rumore del traffico e non solo a difesa del calore generato in casa, ma anche dell’eccesso di caldo durante l’estate. Fa quindi risparmiare anche sui consumi del condizionatore.

L’obiettivo si raggiunge essenzialmente in due modi: foderando le strutture con pannelli di coibentazione e cambiando o modificando gli infissi.

Non è però affatto detto che alla maggiore spesa affrontata per coibentare corrisponda il maggior risparmio: spesso interventi meno costosi sono più efficaci di altri: dipende innanzitutto dalla struttura dell’immobile o del condominio nonchè dalla località dove è situato, dal tipo di materiali utilizzati e da una miriade di altri fattori. Per esempio i tanto vantati infissi a doppi vetri sono utilissimi contro il rumore ma hanno un rapporto costo/efficacia abbastanza basso.

Anche l’estetica, l’attenzione verso la salute e la maggiore o minore paura verso gli incidenti (incendi, soprattutto), possono avere peso nella scelta. Per esempio, non c’è dubbio che la “cappottatura” dell’esterno di un immobile esistente con isolanti sia efficace, ma può dargli un aspetto non particolarmente piacevole e la sopportazione del rivestimento agli urti non è ideale. La cappottatura può non avere controindicazioni solo al momento dell’edificazione, se già nella progettazione dei muri e delle strutture si utilizzano materiali di un certo tipo. Isolanti comuni, come la lana di vetro o di roccia costano assai meno del sughero o del lino, sono meno infiammabili e sono più efficaci, ma chi ha sensibilità ecologica può disprezzarli. Una casa a “tenuta stagna” fa del resto risparmiare in costi energetici, ma produce anche inquinamento indoor perché ostacola il salutare ricambio dell’aria interna con quella esterna.

Detto ciò, ecco alcune indicazioni di massima (meglio poi lasciare “parlare” le tabelle di sotto). Primo: cominciare dal tetto. Se ha un sottotetto non praticabile, isolarne il pavimento, se invece è a mansarda utilizzata fissare l’isolante parallelamente alla pendenza del tetto. Se la copertura dell’edificio è piana (terrazzato) è possibile intervenire dall’interno oppure dall’esterno. L’isolamento esterno è un intervento delicato e va affrontato solo al momento di rifare la copertura, perché il terrazzo necessita di un’accurata impermeabilizzazione.

Passare poi pareti: l’isolamento all’esterno è il migliore, quello interno va comunque bene. Se ci si accontenta di prestazioni meno elevate e se si ha abilità manuale, non è vietato il “fai da te”. ”Al di là della leggera riduzione dello spazio abitabile, la principale controindicazione è la necessità di adattare i radiatori, spostare prese e interruttori elettrici, riposizionare armadi a muro, eccetera.Il riempimento dell’intercapedine dei muri è talora meno difficile di quanto si creda, se ci si rivolge a personale specializzato e se la tipologia di costruzione lo consente.

Quanto agli infissi, prima di adottare i costosi doppi o tripli vetri, si possono ottenere sorprendenti e poco cari risparmi isolando i cassonetti delle tapparelle e riducendo le infiltrazioni di aria provocate dalla cattiva chiusura dei finestre e porte-finestre. Un’altra soluzione, con pro e contro, è installare una pellicola solare riflettente sulle superfici dei vetri. Fa stare più caldi in inverno e più freschi in estate, garantisce la privacy durante le ore diurne, trattiene le schegge in caso di rottura del vetro, ed evita il passaggio della radiazione ultravioletta. Ha però il difetto di far passare meno la luce e a molti, esteticamente, non piace.

 

 

Isolamento: la classifica costi/benefici dell’investimento

 

Zona e tipo

Isolamento a cappotto esterno delle pareti

Isolamento interno delle pareti*

Isolamento tetto

Isolamento solaio non riscaldato

Finestre e serramenti a doppi vetri

Villetta al Sud

+++

++

++++

++

+

Villetta al centro

+++

++

++++

++

+

Villetta al nord

++

++

++++

++

+

Villetta in montagna

+++

+++

++++

++

+

Condominio al sud

++++

n.d.

++

++

++

Condominio al centro

++++

n.d.

++

++

++

Condominio al nord

++++

n.d.

++

++

+

Condominio in montagna

++++

n.d.

++

++

+

 

Tempi rimborso degli investimenti: ++++ = meno di 4 anni, +++ = meno di 6 anni e 6 mesi; ++ = meno di 12 anni; + = più di 12 anni

* Non si tratta di un intervento condominiale

 

Fonte: Enea

 

 

Isolamento: risparmio energetico ottenibile (con materiali e spessori corretti)

 

Zona e tipo

Isolamento a cappotto esterno delle pareti

Isolamento interno delle pareti*

Isolamento tetto

Isolamento solaio non riscaldato

Finestre e serramenti a doppi vetri

Villetta al Sud

20-25%

15-20%

35-40%

10-15%

5-10%

Villetta al centro

20-25%

15-20%

35-40%

10-15%

5-10%

Villetta al nord

15-20%

15-20%

40-45%

10-15%

3-5%

Villetta in montagna

25-30%

25-30%

30-35%

15-20%

3-5%

Condominio al sud

30-35%

n.d.

10-15%

10-15%

10-15%

Condominio al centro

30-35%

n.d.

10-15%

10-15%

10-15%

Condominio al nord

30-35%

n.d.

10-15%

10-15%

8-10%

Condominio in montagna

30-35%

n.d.

10-15%

10-15%

8-10%

 

* Non si tratta di un intervento condominiale

Fonte: Enea

 

 

Agevolazioni fiscali

 

Tutte le opere impiantistiche ed edili volte al risparmio energetico sono agevolate, con normative differenti.

La detrazione fiscale del 55%, debuttata l’anno scorso, è il provvedimento più importante: è possibile avvantaggiarsene, però, se si raggiungono certi standard di abbattimento dei consumi di energia. Prevede quattro tipi interventi con differenti tetti di spesa detraibile e con scelta da quest’anno del tipo di rateizzazione (da tre a dieci anni). Il primo è la riqualificazione energetica dell’intero edificio, un complesso di opere che debbono coinvolgere impianti termici, strutture e infissi di un palazzo. Da quest’anno, va raggiunto un fabbisogno energetico stabilito nell’allegato 1 del Decreto Sviluppo 11 marzo 2008 (i parametri sono due, il primo valido per il biennio 2008-2009, il secondo, più rigido, per il 2010*). La spesa non può superare i 181.818 euro (100.000 euro di detrazione). La seconda agevolazione è limitata alla sola coibentazione di pavimenti, pareti e infissi, raggiungendo gli obiettivi prefissati dallo stesso Decreto dello Sviluppo di "trasmittanza termica" (misura del flusso di calore che passa attraverso una parete per metro quadrato di superficie). In tal caso il 55%di detrazione è applicabile a un tetto massimo di 109.091 euro di spesa (60 mila euro di detrazione). Identici limiti di spesa anche per chi installa dei pannelli solari. Requisiti: garanzia minima di 5 anni per pannelli e i bollitori e di 2 anni per accessori e i componenti tecnici, nonché conformità alle norme UNI 12975 e UNI 12976. Infine la sostituzione di caldaie tradizionali con modelli a condensazione. Necessari: un certo rendimento termico utile; bruciatore di tipo modulante su sui agisce direttamente la regolazione climatica, pompa di tipo elettronico a giri variabili;valvole termostatiche su tutti i caloriferi (con esclusione del riscaldamento a pavimento). Spesa massima 54.545 euro (30.000 euro di detrazione).

I pannelli fotovoltaici godono invece delle agevolazioni del “conto energia”. In sostanza l’installazione (circa 7 mila euro di spesa a kw di potenza nominale) è a carico dell’utente, ma da allora in poi sai è pagati, per vent’anni, a kw/ora prodotto. Possibile però farsi finanziare con un mutuo dalle banche, le cui rate saranno pagate dal conto energia stesso.

I produttori di altre fonti energetiche rinnovabili (vento, micro-idroelettrico, geotermico) accedono ai cosiddetti “certificati verdi”, che richiedono al gestore della rete elettrica nazionale GSE (Gestore Servizi Elettrici). Essi possono essere rivenduti, a prezzi prefissati, ai grandi produttori o importatori di energia che ne hanno bisogno per poter raggiungere la soglia del 2% prevista di produzione da fonti rinnovabili. Comprandoli possono toccare (artificiosamente) tale soglia.

Infine tutti gli interventi di risparmio energetico, se non altrimenti agevolati, possono godere della “normale” detrazione fiscale del 36%, da spalmare in dieci anni di rateizzazioni.

 

 

Le fonti rinnovabili di energia

 

Praticamente tutte le fonti rinnovabili di energia hanno dispositivi adatti o adattabili anche per le piccole utenze. Trattiamo qui delle più diffuse.

Solare termico. Il principio base dei pannelli solari termici è utilizzare la radiazione solare per scaldare un fluido termovettore (simile all’acqua). Benché ne esistano di svariati tipi, i più diffusi hanno superfici piane e funzionano “a circolazione naturale”: in essi il serbatoio di accumulo dell’acqua deve essere sempre posizionato più in alto del pannello ed a breve distanza da esso. Sono i pannelli più economici, ad installazione rapida e con manutenzione ridotta al minimo e forniscono essenzialmente acqua calda sanitaria (non per il riscaldamento, ma per docce, piscine, uso in cucina). Ad esposizione buona(sud-ovest) o ideale (sud), occorrono in media 2,5-3 mq di pannelli per il consumo fino a 3 persone, e da 4 a 7 mq per 4-6 persone, con consumo prevedibile a persona di 50-60 litri al giorno. E’ prudente valutare il prezzo a mq installato sui 600 euro. La durata dell’impianto è garantita per 20 anni e può toccare i 30.

Solare fotovoltaico. Più costosa ma con efficacia maggiore è l’installazione di pannelli fotovoltaici, che producono direttamente energia elettrica dal sole. L’elevato investimento iniziale necessario è in parte abbattuto nel tempo dagli incentivi del “conto energia”, di cui parliamo nell’articolo più sopra. Il denaro investito si recupera in un tempo piuttosto lungo (da un minimo di 7 fino a 10-11 anni), ma da quel momento si comincia a guadagnare, sia sotto forma di incentivi (concessi fino al 20esimo anno) che sotto forma di risparmio energetico (conseguibile in media anche per i cinque anni successivi, fino al 25esimo anno). Fatti i conti finali, è un po’ come aver messo i soldi in titoli di Stato a lungo termine.

Biomasse. I sistemi più diffusi sono le caldaie e i caminetti termici a legno o a pellets.Gli apparecchi di nuova generazione garantiscono un rendimento energetico superiore a qualsiasi altro combustibile a prezzi assai più bassi, che permettono di ammortizzare in tempi ragionevoli le spese di apparecchiature e impianti. In particolare, i pellets (piccoli cilindri prodotti dallo scarti del legname o dei gusci ) sono acquistabili ormai anche nelle grandi città. Attenzione: i loro costi e le loro capacità di rendimento termico variano molto dal loro tipo di legno di cui sono fatti e dalle zone di commercializzazione. La principale controindicazione sono gli spazi necessari per stivare legna e pellets (difficilmente disponibili in un appartamento).

Microeolico. Non solo grandi torri in fila sui rilievi:. basta notare i piccoli generatori eolici, del diametro non superiore a 1 metro, montati su le imbarcazioni e utili per caricare batterie in grado di alimentare grazie al vento le piccole utenze di bordo (frigorifero, quadro di controllo, luci, etc.). Soprattutto nelle zone isolate e non connesse alla rete elettrica (agriturismi, fattorie, campeggi, rifugi, utenze domestiche isolate in montagna, al mare o su isole), sono utilizzabili aerogeneratori di piccola taglia in combinazione con sistemi di accumulo (batterie) e sistemi ibridi (con pannelli fotovoltaici e generatori diesel). I costi sono meno della metà della fotovoltaico. Semplice (non ha pale) e poco costosa anche la “macchina Savonius” impiegata essenzialmente per il pompaggio dell’acqua soprattutto con venti deboli. Altre applicazioni sono legate all’alimentazione di sistemi di telecomunicazione (ripetitori, antenne di telefonia mobile).

Micro idroelettrico. Piccole turbine (da pochi kW a poche decine) possono essere posizionate su rigagnoli o torrenti di montagna, o ancora su canali irrigui o di bonifica. In base a salto e portata disponibili, si installano tipi di turbine differenti: Pelton (notevole salto e modesta portata); Francis (valori medi di salto e portata); Kaplan (basso salto e consistente portata). Se lo scopo è coprire tutta la produzione elettrica, si accoppiano più sistemi (idroelettrico, eolico e solare, ad esempio).Gli eventuali prezzi di cessione dell’energia elettrica generata sono incentivati (vedi delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 62/2002).

Geotermico. I meno informati non sanno che per generare dalla terra calore (o raffrescamento in estate) non occorre essere in zona vulcanica. Tubazioni che affondano nel sottosuolo per circa 100 metri possono sfruttare le limitate variazioni di calore, da sopra a sotto la superficie, attraverso particolari apparecchi. L’impianto è composto da una o più sonde geotermiche, una pompa di calore, un serbatoio di accumulo per acqua calda sanitaria ed un serbatoio di accumulo inerziale per l’impianto. Le sonde geotermiche sono costituite da tubi in polietilene all’interno dei quali circola acqua glicolata.