Condizionatori: i limiti dell’installazione in facciata

 

Di Franco Pagani, presidente Federamministratori_Confappi

L’afa ha scatenato anche quest’anno la corsa all’acquisto degli apparecchi in grado di rinfrescare l’aria negli appartamenti, già esplosa con l’estate torrida di due anni fa. Ventilatori esclusi, essi si suddividono in due grandi categorie: gli impianti di condizionamento (in cui scopo è raffreddare e deumidificare l’aria) e quelli di climatizzazione (che hanno il più vasto obiettivo di creare le migliori condizioni per la permanenze delle persone in un ambiente, compresa la ventilazione , la purezza dell’aria e la mancanza di sbalzi di temperatura).

Soprattutto gli impianti di climatizzazione prevedono. per essere efficienti, l’installazione di unità esterne che “pescano” l’aria da trattare nell’ambiente fuori dall’edificio e vi scaricano quella calda e viziata.

Ciò crea una serie di problemi: innanzitutto queste unità hanno in genere un aspetto poco invitante: sono massicce scatole che contengono grandi eliche, che non giovano certo al decoro dell’edificio. Poi emettono un flusso di aria bollente e malsana, che tende a salire e a rendere la vita difficile ai condomini dei piani superiori. Infine possono essere rumorose o guastarsi, provocando problemi di stillicidio di liquidi.

Quali sono le armi che possono, per legge, impugnare i vicini di casa disturbati? Non certo quella del ricorso contro l’installazione basata sul fatto che è stato praticato un foro nel muro comune. L’articolo 1102 del codice civile, come più volte interpretato dalla giurisprudenza, Cassazione in testa, consente infatti al singolo condomino di creare aperture nei muri perimetrali, al limite anche porte e finestre. Le condizioni a cui sono consentite sono quasi sempre è facile rispettare. Per esempio, il mancato danno alla statica, il non impedimento ad altri condomini di un uso simile e così via. Viceversa un’obiezione concreta può provenire da chi lamenta la rovina del decoro dell’edificio. Esso non va inteso come la somma delle sue qualità estetiche, Se fosse così,  ben pochi palazzi costruiti durante il boom edilizio meriterebbero di essere preservati. Il decoro è viceversa ritenuto dai giudici come “l’insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica, fisionomia”. Per intendersi, un palazzone con colonne di finestre allineate può risentire di un danno al decoro dal singolo mutamento del colore o del materiale di un infisso, e, tanto più, dall’inserimento in facciata di una brutta scatola, quale è , in genere, un’unità esterna dell’impianto di climatizzazione.

Il danno al decoro (Cassazione, , sentenza n. 12343 del 2003) può essere fatto valere davanti al giudice anche da un solo abitante dello stabile, perfino qualora l’assemblea a maggioranza avesse permesso l’installazione . L’azione in giudizio è imprescrittibile: quindi non conta quanto tempo è passato da quando l’apparecchio è stato posizionato.

Naturalmente il danno può essere messo in dubbio in certi casi: se per esempio l’unità non è in posizione visibile, ma è mascherata da un balcone o sporge sulla parte alta di un corridoio che dà solo su un appartamento o da infine si affaccia su uno stretto cortile difficilmente accessibile (cavedio), il cui unico scopo è dar luce e aria all’edificio. E’ comunque il giudice di merito, in prima istanza o in appello, a dover valutare, caso per caso.

L’installazione può essere comunque vietata da un regolamento condominiale contrattuale, cioè accettato da tutti. L’esclusione deve essere esplicita. E’ dubbio che basti una clausola che vieti di ingombrare o occupare le parti comuni. Un regolamento assembleare (cioè approvato a maggioranza dei condomini e delle quote), può imporre invece dove installare le unità, in modo che il decoro non venga messo in crisi. Per esempio solo sui balconi, o sul lastrico solare comune in posizione invisibile.

Altri limiti all'installazione di un impianto di climatizzazione è rappresentato dal rispetto della distanza di 3 metri in verticale, in appiombo o in obliquo da finestre e balconi altrui, (articolo 907 del Codice civile).

Contro le esalazioni e lo stillicidio della condensa si può far ricorso ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, che vieta le immissioni di fumo o di calore e le esalazioni, chiedendo al giudice anche un provvedimento d’urgenza a tutela della salute (articolo 700 del codice di procedura civile). La stessa procedura si può seguire anche contro i rumori che “superano la normale tollerabilità”. Gli apparecchi di nuova concezione sono comunque abbastanza silenziosi.

 

Impianti di ventilazione e condizionamento (civili e industriali).

I conti in tasca al nostro Paese.

 

 

 

 

2003

2004

Previsioni 2005

% 2004/03

% 2005-04

Produzione

 

(milioni €)

 

1.500

1.650

1.550

+ 10,1%

- 6,1%

Esportazione

560

640

600

+ 14,3%

- 6,3%

Investimenti

77,5

65,0

65,0

-16,1%

0,0%

% esportazione su produzione

%

37%

39%

39%

-

-

Occupazione

unità

7.000

6.750

6.500

- 3,6%

-3,7%

Variazione prezzi

%

- 3%

0%

0%

-

-

 

Elaborazione Ufficio studi Confappi-Fna su dati CoAer

 

Nota. L'Italia è leader in Europa nel condizionamento d'aria. Per gli impianti residenziali produzione italiana è calata negli ultimi tre anni , in favore di apparecchi importati in prevalenza da Cina e Thailandia. I condizionatori split (quelli con due unità, una esterna e una interna) hanno visto ridurre dal 2002 al 2004, le vendite interne da 181.786 unità a 84.384, contro un'importazione passata da 924.887 unità a 1.928.122, il 70% delle quali provenienti dall'Asia.