Compravendita: non sempre basta il notaio per garantire tutto

 

QUANDO IL NOTAIO NON C’E’

 

Nei Paesi di lingua latina, come l’Italia, il notaio è il principale garante di una compravendita immobiliare, cioè di quello che per la maggioranza delle famiglie è il principale affare della propria vita. Il ruolo centrale di questa figura professionale, che esercita un monopolio quasi completo su questo ed altri campi, è stato messo più volte in discussione, anche in sede europea: resta indubbio però che anche nei paesi anglosassoni, dove il notaio non esiste, vi sono altre figure professionali delegate a funzioni di controllo dei trasferimenti immobiliari.

L’esperienza insegna però che le compravendite possono celare importanti rischi che l’assistenza di un notaio non può contrastare. E’ ad essi che questa inchiesta è dedicata. Limiteremo l’indagine agli immobili già edificati, evitando di approfondire gli infiniti problemi posti da quelli in costruzione, il cui acquirente è parzialmente tutelato da un recentissimo decreto legislativo.

I pericoli che si corrono sono essenzialmente di due tipi. Quelli che si affrontano ben prima della firma del rogito, quando il notaio non è ancora coinvolto (anche se potrebbe esserlo). E poi quelli, anche questi importanti, che riguardano la stesura del rogito nonché i mesi e gli anni successivi (quando non si pensava di avere più problemi).

Gli impegni sottoscritti prima del rogito.

 

Incarico di vendita all’agente immobiliare, proposta irrevocabile d’acquisto, preliminare di vendita (compromesso): sono questi i tre principali documenti contrattuali che acquirente e venditore spesso, o quasi sempre, sottoscrivono prima di arrivare al rogito.

Se ben redatti (e talora non lo sono) si assomigliano abbastanza. Nell’incarico di vendita all’agenzia, chi mette “in piazza” il suo immobile non si limita solo a fissare un prezzo e a convenire quale sia la provvigione che spetterà al mediatore: l’agenzia, se è seria, pretenderà quantomeno che si descrivano, se esistono, i limiti alla sua piena disponibilità. Stesso discorso nella proposta irrevocabile di acquisto, con cui il candidato compratore si impegna unilateralmente, e per un certo periodo, ad acquistare versando una certa somma di denaro: anche in questo caso condizionerà la validità della sua proposta alla condizione di non dover incocciare in brutte sorprese. Infine il preliminare di acquisto è un impegno reciproco di compratore e venditore, rispettivamente ad acquistare e a trasferire la proprietà, che dovrebbe in teoria ricalcare punto per punto i contenuti del rogito, informazioni complete sull’immobile e sul suo attuale proprietario comprese.

Tutti questi impegni sono troppo spesso assunti direttamente dalle parti, senza che il notaio possa prenderne visione. Perciò questo professionista è costretto a riprodurli nel rogito, anche se non li condivide , rifiutandosi solo di dare il suo avvallo a condizioni che sono palesemente contro la legge o a eventuali clausole vessatorie a vantaggio di una delle parti o dell’agenzia immobiliare.

Va inoltre premesso che qualunque cosa dichiarata o promessa dal venditore non è detto che sia vera. Anzi, capita perfino che certe affermazioni siano fatte in perfetta buona fede, ma non corrispondano a realtà. Quindi, quando l’acquirente versa del denaro, a titolo di caparra, per garantire la sua buona volontà a mantenere i suoi impegni, rischia di affidarlo a qualcuno che non manterrà i suoi. L’ideale sarebbe quindi che il notaio entrasse in gioco molto prima del rogito per fare alcune verifiche, prima per esempio della firma del compromesso. Vediamo ora quali dichiarazioni “a rischio” vengono sempre controllate dal notaio e quindi tutti dovrebbero verificare se decidono di firmare qualunque foglio di carta prima di rivolgersi al notaio stesso

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Titolarità dell’immobile.

 

Il venditore dichiara, ovviamente, di essere proprietario della casa e di averne la completa disponibilità. Ciò non è sempre vero, almeno in tre casi:

a) il venditore è coniugato in regime di comunione dei beni e l’immobile è divenuto suo mentre era già sposato.

In tal caso la legge presume, salvo prova contraria, che appartenga ad entrambi i coniugi, anche quando uno solo dei due comparare nel rogito del precedente acquisto. La prova che le cose non stanno così non è sempre facile da dare. Si deve dimostrare che lo si è ottenuto in eredità o donazione. Oppure che è stato comprato con denaro messo da parte prima del matrimonio. O infine che i soldi investiti per acquistare l’immobile provengono elusivamente dalla vendita di un altro bene che era di esclusiva proprietà di un solo coniuge.

A scanso di equivoci il compromesso (e poi il rogito) andrebbe firmato da entrambi, quantomeno per accettazione (anche se, in qualche caso, ciò può non essere sufficiente).

b) Il venditore ha avuto in donazione o in eredità l’immobile. per esempio dai genitori o da un altro partente stretto. Ma se tale parente muore, i coeredi possono impugnare anche a distanza di anni il testamento o la donazione asserendo che è stata “lesa” la propria quota di legittima.

L’erede potrebbe esercitare la cosiddetta “azione di riduzione”, entro dieci anni dalla data dell’apertura della successione (che coincide in genere con quella della morte). I terzi acquirenti dell’immobile ricevuto in dono possono essere costretti a restituirlo oppure a pagarne l’equivalente in denaro (articolo 563 del codice civile) , salvo poi tentare di rifarsi contro chi l’ha loro venduto. Quindi può capitare perfino che un immobile passi due volte di mano prima che l’azione di riduzione venga esercitata.

Queste norme sono state un po’ modificate molto di recente, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. Essa ha stabilito che se l’immobile è stato venduto ad altri, l’azione di riduzione non è più possibile passati vent’anni dalla donazione stessa. Se poi l’acquirente riesce a dimostrare che ha acquistato con un titolo validamente trascritto, e che era convinto in buona fede di essere unico titolare, diviene proprietario per usucapione dopo dieci anni.

c) l’immobile è può essere locato, senza che ci si accorga del fatto che lo è, perché magari durante le visite l’inquilino non era in casa. A scanso di equivoci, comunque, in ogni atto firmato deve essere chiarito se i locali sono liberi o esiste un affitto in corso. .

Ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli.

 

Tutti sanno che la presenza di ipoteche sull’immobile è un grave problema . Salvo naturalmente che si sia deciso di comprare l’immobile lo stesso , accollandosi un mutuo o chiedendo di estinguerlo. Si tratta in genere di garanzie a fronte delle quali viene erogato un prestito. Il creditore si riserva di incamerare il bene ipotecato se il debitore non paga le rate alla scadenza.

Una cosa è però accontentarsi, alla firma del compromesso, delle affermazioni del venditore che dice che le ipoteche non esistono, un’altra è invece aver verificato effettivamente che non ci sono (come fa sempre il notaio, prima della firma del rogito). Infatti, al compromesso, in genere l’acquirente versa una caparra (in media il 30% del prezzo finale) e potrebbe fare molta fatica a ottenerla indietro.

Vi sono poi altri diritti che altri possono vantare sull’immobile. Qualche esempio? Quello di passaggio di un vicino sulla proprietà,. Quello con cui qualcuno si riserva la possibilità di sopraelevare il palazzo o ci impedisce di farlo. Quello che riserva a qualcuno la possibilità di costruire un garage sotto il nostro terreno. E via elencando, all’infinito .

Per tali diritti, definiti in genere “servitù o trascrizioni pregiudizievoli” vale lo stesso discorso fatto per le ipoteche.

Protesti e pignoramenti.

 

E’ prudente che l’acquirente si informi se il venditore è un soggetto a rischio di fallimento e quindi se ha un’attività imprenditoriale in proprio o in una società di persone (S.n.c., S.a.s.). In caso di crack la casa che si intende acquistare servirebbe per soddisfare le pretese dei creditori e tutte le somme versate a titolo di acconto finirebbero nel calderone del passivo. Se si ha il sia pur minimo sospetto bisognerebbe spingersi fino a far effettuare una visura sul bollettino dei protesti presso le Camere di Commercio e assumere informazioni bancarie.

Abusi edilizi.

 

Il rischio di impegnarsi a comprare un immobile perr il quale sono stati commessi abusi edilizi è fortemente variabile a seconda del tipo di abuso. In particolare in tre casi di abuso anche un rogito può essere reputato nullo. Essi sono:

1)                   quando l’immobile sia stato costruito senza alcun provvedimento abilitante o in totale difformità con la licenza, la concessione edilizia, il permesso a costruire o la denuncia di inizio attività indispensabile

2)                   quando non siano stati inserita o allegata al rogito, per gli edifici iniziati a costruire prima dell’1 settembre 1967, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l'opera è stata iniziata in data anteriore a questa data e, per quelli iniziati a costruire in seguito, una dichiarazione che reca gli estremi della licenza, concessione, permesso a costruire o Dia.

3)                   quando, mancando gli assensi all’edificazione, non siano stati riportati estremi della domanda di condono, estremi del versamento delle somme dovute, la dichiarazione che il Comune non ha emesso provvedimenti di sanatoria o, in alternativa gli estremi del permesso di sanatoria (se è stato rilasciato).

Quindi, anche in sede di compromesso, occorrerebbe verificare queste circostanze.

Occorre chiarirlo: non è esatto affermare che un immobile in cui sia stato commesso un abuso edilizio non ancora sanato non sia liberamente vendibile: l’importante è che siano rispettati gli adempimenti formali previsti. Se poi dovesse saltar fuori che l’immobile è totalmente difforme (per esempio perché sono stati dichiarati dati falsi dal venditore) anche il rogito potrebbe essere invalidato.

NONOSTANTE IL NOTAIO

 

Vi sono una serie di verifiche a cui il notaio non è tenuto o che fa piuttosto raramente e che possono rendere l’acquisto poco conveniente o addirittura nullo, come se non fosse mai stato fatto. Elenchiamole.

 

Ampiezza della casa.

 

In un rogito gli appartamenti si acquistano, praticamente sempre, “a corpo e non a misura”. Se infatti fossero citati i metri quadrati o quelli cubi, si aprirebbe la strada a infinite diatribe sui metodi di calcolo (quanto conta il terrazzo, il balcone o la cantina?) o sui centimetri quadrati.

Tuttavia quest’uso si è trasformato in abuso, nella misura in cui molti venditori, e molte agenzie immobiliari, sono soliti “gonfiare” le misure degli appartamenti, avvalendosi anche del fatto che in Italia vige il cosiddetto “metro quadrato commerciale”, a differenza di quel che succede in Francia, dove la superficie che conta è quella calpestabile. Non è finita: i criteri per calcolare il metro quadrato commerciale cambiano da zona a zona. Questo fornisce il pretesto per incrementare, anche del 20% la superficie reale: in caso di proteste ci si arrampica sugli specchi, giungendo fino ad affermare che va sommata anche una quota della parti comuni condominiali (cosa del tutto falsa). Capita molto spesso, quindi che si acquisti una casa molto più piccola di quello che ci si aspetta (pagandola molto di più al metro quadrato).

Identificazione delle pertinenze. Diversamente da quanto accade per appartamenti e box auto, altre pertinenze dell’immobile, come cantine, soffitte e posti auto scoperti, hanno raramente una classificazione catastale. Non è raro quindi che sia venduto un appartamento “con cantina” (che magari era citata anche nel precedente rogito di acquisto) ma al momento di identificare dove è , non si trova: non è infatti descritta nel rogito con un numero o una lettera, oppure è da più di vent’anni occupata da qualcun altro. Attenzione, inoltre: non sempre le pertinenze sono riportate nelle mappe catastali.

 

Opere abusive.

 

Non sempre la consultazione di una mappa catastale permette di identificare piccoli abusi edilizi commessi: per esempio un balcone può essere stato coperto da veranda e trasformato in locale abitabile, un bagno può essere stato aggiunto irregolarmente ed essere  privo del necessario locale anti-bagno. Si può anche essere costretti a demolire tali opere, pagando sanzioni, se un funzionario comunale se ne accorge o se un vicino ci denuncia.

Non sempre un notaio vuole o può materialmente verificare tali abusi, e può essere difficile stabilire se gli abusi erano riconoscibili (e perciò chi ha acquistato l’immobile è corresponsabile) o non lo erano (e allora si ha diritto di rifarsi sul venditore per il fatto che si è stati costretti a eliminarli).

 

Impianti a norma

 

Varie leggi (e, prima tra tutte, la n. 46 del 90 ormai “inglobata” nel Testo Unico dell’edilizia, ma anche la n. 10/1991 sul risparmio energetico e il Dpr n. 412/1992 che la applica), stabiliscono i criteri secondo cui un impianto (elettrico, dell’acqua, ascensore, di riscaldamento, antincendio, di ricezione radio-tv), è, o non è , a norma. Se non lo è, occorre provvedere, sia che si tratti di un impianto interno all’appartamento, sia che si tratti di uno condominiale. E quindi spendere denaro ed energie. Ovviamente se si acquista una casa con impianti fuori norma, occorrerebbe esserne quantomeno consapevoli.

La certificazione di conformità del singolo impianto rilasciata da un tecnico abilitato, con tutta la documentazione relativa, andrebbe per legge allegata al rogito di compravendita (e perfino ai contratti di locazione). Ma se non viene allegata, cosa succede? Di fatto, niente. La legge “si dimentica” persino di prevedere sanzioni e il rogito è perfettamente valido. Perciò anche i notai molto raramente la pretendono. Tutt’alpiù viene inserita una clausola nel rogito in cui l’acquirente accetta gli impianti nel loro attuale stato. Ovviamente, se in seguito capitano incidenti dovuti agli impianti difettosi, la responsabilità (anche penale) ricade su chi non li ha adeguati.

Per la legge n. 10 del 1991 andrebbe allegata al rogito perfino una “certificazione energetica” dell’edificio. Fino a ieri si ignorava cosa fosse esattamente. Oggi non più: è in via di varo un regolamento che definisce la certificazione energetica e prevede una sanzione, da 500 a 3.000 euro, in mancanza della sua trasmissione all’acquirente nelle compravendite. La certificazione sarà comunque prevista solo per gli edifici di nuova costruzione, quindi l’obbligo di trasmetterla ad altri è rimandato ai successivi passaggi di mano.

 

Spese condominiali

 

Le spese condominiali sono a carico di chi compra un’abitazione dal momento in cui viene trascritto il rogito. Le disposizioni di attuazione del codice civile, però, pongono un insidioso tranello: l'acquirente è corresponsabile dei debiti condominiali del venditore per tutto l'anno in corso e per quello antecedente all'acquisto. Quindi il condominio può chiedere, per intero, fino a un massimo di due anni di arretrati al nuovo compratore, che solo in seguito potrà rivalersi sul venditore. Vale la pena ricordare che con "anno in corso e antecedente" non si intende l'anno solare, ma quello previsto dal rendiconto (il bilancio condominiale). In genere spazia nel periodo da l'1 luglio e il 30 giugno dell'anno successivo.

Non solo: se l'ex condomino che ci ha venduto la casa non paga, e i fornitori premono, tutto il condominio è costretto a ripartirsi, in proporzione ai millesimi di proprietà, i suoi debiti, in attesa di potersi rifare contro di lui. Questo finisce per trasformarsi in un ulteriore aggravio anche per chi acquista la casa. Infine ogni condomino è corresponsabile dei debiti condominiali rispetto a terzi (per esempio i fornitori). Perciò essi possono chiedere anche a un solo abitante del palazzo tutto quello di cui sono creditori, perfino se ha pagato la sua quota.

Vale la pena quindi informarsi presso l'amministratore condominiale della situazione debitoria di chi ci vende un appartamento. Se l'amministratore si appella alle norme sulla "privacy" per non rispondere, è bene farsi rilasciare un'apposita autorizzazione dal venditore.

Le responsabilità dell’acquirente dovrebbero però essere in futuro notevolmente “addolcite” se passerà il progetto di legge di riforma del condominio attualmente in esame alla Camera (il Senato lo ha già licenziato), che tra l’altro pone molti limiti anche alla responsabilità “in solido” per i debiti condominiali.

 

Regolamento condominiale

 

Nel rogito compare sempre la clausola con cui l’acquirente si impegna ad accettare il regolamento condominiale. Il grave è che, quasi mai, ha la possibilità di consultarlo prima di firmare (o, addirittura, anche dopo) e di vedere se esistono clausole che rendono il suo acquisto poco conveniente. Per esempio, un regolamento può impedire di destinare un appartamento a studio professionale o medico, di utilizzare un seminterrato come locale hobby, anziché come semplice deposito, e via elencando. Può inoltre consentire al costruttore di sopraelevare il palazzo . E più unico che raro che il notaio garantisca l’acquirente in questa situazione.

 

Spese ordinarie e straordinarie future in condominio.

 

Sapere con una buona approssimazione a quali spese si andrà incontro, divenendo proprietari di un appartamento, non è cosa difficile. Basta pretendere dal venditore che ci consegni copia delle bollette di versamento delle spese.

Meglio ancora, copia dei rendiconti condominiali degli ultimi anni, per sapere se sono previsti (e magari anche votati in assemblea) grossi interventi di ristrutturazione. Se per esempio si è votata la decisione di rifare il tetto, ridipingere la facciata, installare l'ascensore, rifare la caldaia, l'acquirente che ha investito un bel po' di denaro, e magari sottoscritto pure un mutuo, può trovarsi all'asciutto, privo di ulteriori capitali.

Resta incerto chi, tra acquirente e venditore, è responsabile del pagamento delle spese straordinarie. Chi era proprietario, al momento in cui è stata assunta la delibera che le decideva? Oppure chi è proprietario al momento in cui si deve pagare la rata di spese? La seconda ipotesi è quella più gettonata dalla Cassazione. Resta comunque possibile inserire nel rogito una clausola che stabilisce diversamente. Tale clausola ha validità solo nei rapporti tra venditore e compratore, non in quelli con il condominio, che potrà comunque chiedere il denaro all’attuale proprietario.

Azioni giudiziarie in corso

 

Molta attenzione va posta all’eventualità che il condominio abbia in corso azioni giudiziarie. Anche se ci si dissocia dalla lite (per farlo, si hanno trenta giorni dopo il rogito) si può essere chiamati a contribuire alle spese che gravassero sul condominio in seguito alla sentenza.

L’acquirente può di ereditare anche le liti in giudizio con un vicino che riguardano l’immobile, anche se non corre il rischio di vedersi trasferita una responsabilità penale.

 

Vendita di immobili da ristrutturare.

 

Comprare una casa in pessime condizioni di manutenzione o con problemi di abitabilità, di infiltrazioni dal tetto, e così via può essere considerato dall’acquirente anche un buon affare: la paga meno, anche se dovrà spendere per ristrutturarla. Ma, questa volta, è il venditore a doversi cautelare nel rogito.

Deve infatti essere chiaro che l’acquirente è consapevole di tutti i difetti dell’immobile , i quali vanno elencati con precisione nel rogito (non basta una clausola del tipo “l’immobile è acquistato nello stato di fatto e di diritto in cui si trova”). Infatti il codice civile prevede che il venditore presti la cosiddetta “garanzia per vizi” che consiste in due distinte tutele: La prima scatta quando vi sono difetti notevoli, che nel caso degli immobili si potrebbe definire come “strutturali”. La seconda prevede carenze più lievi, che possano essere compensate da un prezzo minore.

Nel primo caso il rogito può essere addirittura revocato (in gergo legale si parla di “risoluzione del contratto”) Il venditore restituisce il denaro incassato e le altre spese sostenute dall’acquirente stesso (notaio compreso) e può essere costretto a versare i danni nonché a pagare le spese di un’eventuale causa giudiziaria sopportata. Nel secondo sarà costretto a rimborsare una parte delle cifra incassata, in misura decisa dal giudice.

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Usucapione.

 

Capita abbastanza raramente, ma può darsi che un immobile o una sua parte (un garage, un giardino) sia occupato da più di vent’anni da altri, che hanno maturato il cosiddetto “diritto di usucapione”, cioè la possibilità di farlo riconoscere come divenuto loro, per essersi comportati “da padroni” per un ventennio o più. Naturalmente sarà possibile rifarsi sul venditore e chiedere la restituzione del prezzo ed eventuali danni (se c si riesce) . Anche in questo caso vale più la buona volontà dell’acquirente, che si informi della situazione anche parlando con i vicini, che quella del notaio, il quale lavora su pezzi di carta e documenti in cui l’avvenuta usucapione, se non dichiarata dal giudice, può benissimo non risultare.

 

Atto pubblico e scrittura privata autentificata.

 

Il passaggio di proprietà può avvenire in due forme: la scrittura privata autenticata e l’atto pubblico. Da un punto di vista formale la differenza non è da poco: con la scrittura privata il notaio prende atto delle dichiarazioni rese dai contraenti e ne attesta l’identità autenticandone le firme; con l’atto pubblico invece il notaio garantisce di aver controllato la veridicità delle affermazioni contenute nel contratto. L’atto pubblico costa un po’ di più (ma non molto).

A dire il vero qualsiasi notaio scrupoloso controlla, a prescindere dalla forma con cui lo redigerà l’atto, che il venditore possa legittimamente alienare l’immobile. A ogni buon conto, è meglio incaricare espressamente il notaio di compiere gli accertamenti e, soprattutto preferire la forma dell’atto pubblico quando si ha un purché debolissimo sospetto sulle affermazioni del venditore, in modo che il notaio sia spinto a controllarle con maggiore scrupolo.

 

Trascrizione del rogito

 

Siamo abituati a credere che l’iter burocratico della compravendita si concluda al rogito. Non è così. Termina solo quando il notaio trascrive questo documento presso i Registri Immobiliari. E’ solo allora che l’atto assume piena validità di fronte a terze persone. Tra due trascrizioni, vale quella che ha la data più antica.

In media i notaio impiegano una ventina di giorni ad effettuare la trascrizione. E, in questo periodo, può succedere di tutto. Per esempio, il venditore potrebbe vendere lo stesso immobile anche ad altri, tramite un altro notaio, che non avrebbe materialmente la possibilità di controllare, presso i Registri, che l’alienazione è già avvenuta. Sono cose già capitate: un immobile venduto a più persone con il truffatore che ,dopo aver intascato i soldi, si è reso irreperibile.

Non è finita: nel periodo intercorrente tra rogito e trascrizione il venditore potrebbe accendere un’ipoteca o subire un pignoramento. Quindi è il caso, se si ha il pur minimo sospetto, di insistere con il notaio perché la trascrizione avvenga il più rapidamente possibile.

 

Costi reali dell’acquisto

 

Il costo reale di un acquisto non è la somma pagata al rogito. Nel fare un calcolo economico occorre tener conto di ulteriori fattori.

Ecco i principali:

Costi fiscali (imposta di registro o Iva, imposte ipotecarie e catastali, imposte di bollo), più alti se si tratta di un immobile diverso dalla prima casa;

Costi notarili (il notaio è indispensabile);

Eventuale provvigione all’agenzia immobiliare;

Costi di ristrutturazione della casa in cui si va ad abitare, compreso l’eventuale adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza;

Costi per mutui e/o finanziamenti;

Immobilizzo di capitale: la somma liquida pagata peracquisto e la ristrutturazione avrebbe potuto essere reinvestita e fruttare un reddito;

Costi per il trasloco e per le conseguenti pratiche burocratiche (cambi di residenza eccetera);

Costi per l’acquisto di mobilio e complementi d’arredo (da sostenere inevitabilmente anche se si va da una casa all’altra, per adattare la nuova casa);

Costi della doppia proprietà di immobili: anche se si vende la prima abitazione per trasferirsi in un'altra vi sarà un periodo in cui si possiedono entrambe: ciò significa, oltre a maggiori spese condominiali anche ulteriori spese fiscali (gli immobili diversi dalla prima casa cospargano più tasse).

Per chi acquista per la prima volta la casa, o va in una abitazione più grande, sono da tenere in conto anche le future maggiori spese per la proprietà (Imposta comunale sugli immobili, imposta sui redditi, spese condominiali, spese di manutenzione ordinaria e soprattutto straordinaria dell’immobile).

 

Fonte: Ufficio Studi Confappi-Federamministratori

 

 

Come si calcola il metro quadrato commerciale

 

Muri divisori tra appartamenti

50%

Muri perimetrali

100%

Balconi sporgenti

50%

Balconi interni alla facciata

66,6%

Terrazzi (oltre 20 mq): per la parte che non supera i locali serviti

                                       oltre

…………………………se servono solo zona notte e servizi

25%

20%

15%

Cantine e solai (se di altezza media minima di 1,7 metri): con finestre

                                                                                             senza finestre

25%

20%

Sottotetti praticabili, taverne seminterrate

50%

Giardini privati: per parte uguale alla grandezza dell’appartamento

                             oltre, fino al massimo della grandezza di pianta del palazzo

15%

10%

 

Fonte: Semplificazione ufficio studi Confappi-Federamministatori su dati Borsa immobiliare di Milano