Compravendita terreni: i dati catastali contano poco

 

 

 

Vorrei un ulteriore parere, in riferimento anche all’articolo a pag 5 del Notes dell’Agosto 2005, dal Titolo “ Un contratto chiaro non si può contestare“.

Ecco il mio caso:

Due particelle confinanti, raffigurate in catasto rispettivamente col n° 205 e 91 sono appartenute sempre a unici proprietari ed appaiono tuttora separate da una servitù di passaggio (ancora esercitata) posta a delimitazione, con macroscopici confini regolati anticamente dal pater familias e ben identificate da numerose prove obiettive aventi requisiti uguali a quelli dei confini limitrofi, ma con mancanza di tipo di frazionamento.

L’ultimo unico proprietario di entrambe (morto da tempo), sin dal 1945, ha venduto diversi anni or sono la particella 205 a Giovanni e, dopo 13 anni, la particella 91 a Carlo, entrambe a corpo con superfici e prezzi indicati globalmente e senza alcuna planimetria allegata ai singoli atti, fermi restanti i confini tuttora esistenti rispettati dai precedenti proprietari.

Orbene, Giovanni non riconosce adesso detti confini di fatto perché nel grafico mappale la sua part. 205 risulta un po’ più lunga e pretende i confini catastali, sostenendo che nella costituzione di servitù unita all’atto di acquisto (recepita da Carlo) ci sono specifici riferimenti ai dati catastali e quindi gli mancherebbero circa 40 mq su 1350 indicati.

Carlo, viceversa, sostiene che le compravendite rispettive sono avvenute con i reali attendibili confini di fatto ancora esistenti, abbastanza consolidati, i quali risultano precisati anche nella stessa costituz. di servitù di Giovanni: ampliamento sulla terra della part. 91 lungo il confine… e sino al confine… e interramento di conduttura di acqua (già avvenuta) altrimenti detti confini durante i 13 anni di ulteriore possesso della part. 91 da parte del dante causa, sarebbero stati trasferiti catastalmente.

Il comune “amico“ geometra ha tratteggiato l’ampliamento lungo tutta la servitù esistente, ma ha rilevato l’esatto confine come da mappa (con la sovrapposizione del rilievo al catastale, soprattutto) e così ha determinato la proprietà della zona in contestazione e della servitù di passaggio come appartenente alla particella 205 di Giovanni, causando confusione e ribaltamenti.

Concludendo si spera in un accordo fra le parti.

Indipendentemente da ciò, e tenendo presente che Carlo si riserva di provvedere per il tardivo frazionamento catastale, a favore di quali confini (di fatto o catastali) appare meglio identificata la volontà dei contraenti attraverso il titolo?

Potrebbero legalmente prevalere i confini catastali?

Datemi, per favore, un riscontro accurato ed esauriente. Giuseppina Nicolosi

 

I dati catastali non hanno valore probatorio (cioè di prova).

Nel valutare il contratto del 1945, il giudice dovrebbe indagare la reale volontà delle parti, anche basandosi sulla situazione di fatto che si è venuta a creare o su testimonianze. In più l’articolo 950 del codice civile recita:

Azione di regolamento dei confini. Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che si stabilito giudizialmente. Ogni mezzo di prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali” . Quindi le mappe catastali sono solo “l’ultima ruota del carro”. 

Premesso ciò, ricordiamo che per situazioni ultraventennali è previsto il diritto di usucapione (e c’è anche quello decennale, per possesso in buona fede). 

Si consiglia, comunque, una mediazione tra Carlo e Giovanni.