Il Ministero dello Sviluppo chiarisce che per le utenze già esistenti non occorre il certificato

 

Luce, acqua e gas: allaccio senza “visto”

 

 Se non sei in regola con la sicurezza degli impianti, ti tagliamo acqua, gas e luce”. Così poteva essere interpretato quanto afferma il nuovo decreto dello Sviluppo (n. 37 del 22 gennaio 2008), almeno quando era in ballo la firma di un nuovo contratto di utenza: il cittadino aveva infatti un mese dopo l’attivazione del servizio per inviare la documentazione sulla regolarità, pena la sospensione dell’erogazione.

E, così, per fortuna non è, a prestar fede alle risposte alle nostre domande date dal Ministero. Quest’ultimo si è infatti affettato a chiarire che per un impianto già funzionante non è necessario inviare al distributore di acqua ed energia il relativo certificato di conformità, anche se la fornitura del metano, dell’acqua o della luce era stata temporaneamente disattivata per il subentro di un nuovo proprietario dell’immobile, se è cambiato il fornitore di energia o se è stato modificato il contratto.

Di conseguenza restano tre casi in cui l’allacciamento alle reti prevede l’invio della dichiarazione di conformità dell’impianto al gestore della rete stessa:

1) nuovo impianto (quasi sempre attivato per la prima volta, perché l’ edificio è stato appena costruito);

2) aumento di potenza dell’impianto in seguito a interventi (per esempio incremento della potenza del contatore elettrico o del potere riscaldante della caldaia). Il ministero chiarisce pero che in tal caso l’invio della documentazione è dovuto solo qualora l’intervento imponga di per sé il rilascio della dichiarazione di conformità. Quindi un semplice incremento di potenza del contatore elettrico familiare, oltre i canonici 3kw, non comporta di per sé tale procedura, a meno che.tale aumento sia dovuto a innovazioni importanti (installazione di una vasca da idromassaggio o di un condizionatore, per esempio);

3) aumento di potenza dell’impianto anche senza interventi, ma solo in certi casi particolari. I più comuni sono il superamento dei 6 kilowattora di potenza elettrica o quando l’impianto termico è servito da canne fumarie ramificate.

Se ne deduce che solo nel terzo e ultimo  caso può essere necessario produrre una dichiarazione di conformità per un impianto già esistente, rintracciando l’installatore per ottenerla o sostituendo la dichiarazione di conformità con una “di rispondenza”, resa da un professionista iscritto all'albo per le specifiche competenze tecniche richieste. Negli altri casi, invece, la dichiarazione di conformità è un documento nuovo di zecca, che l’installatore è tenuto a rilasciare alla fine degli interventi, come previsto già dalla legge, e che bisognerà solo trasmettere in copia al distributore o fornitore di acqua, luce o gas. Niente gravosi adempimenti, quindi.

Più spinosa è la questione del rapporto proprietario-inquilino, anche perché si lega a doppio filo con altri chiarimenti del ministero dello Sviluppo pubblicati alcuni giorni fa dal Sole 24 ore. In essi si era affermato che è possibile derogare contrattualmente dalla consegna della dichiarazione di conformità alla persona che prende in locazione un immobile. Non è difficile immaginare che si farà ricorso tale eccezione in quasi tutti i casi in cui il proprietario non può consegnare le dichiarazioni, o perché non le ha mai avute, oppure perché le ha perse (l’alterativa è che il proprietario si faccia rilasciare una costosa dichiarazione di rispondenza da un tecnico o, esegua ancor più costosi lavori di messa a norma degli impianti, come in effetti dovrebbe fare).

Ora, se l’inquilino vuole eseguire, magari a sue spese, modifiche dell’impianto dovrà probabilmente (come afferma il Ministero), ottenere l’autorizzazione del proprietario (in genere ciò e previsto in tutti i moduli prestampati di locazione). Ma se il proprietario dà tale autorizzazione dovrà necessariamente fornirgli anche la dichiarazione di conformità dell’impianto esistente, anche qualora entrambi avessero convenuto di non allegarla al contratto di locazione. Il tutto a meno che nel contratto di locazione siano previste specifiche e clausole contrattuali di deroga, che chiariscano a chi competono gli adeguamenti degli impianti e la richiesta delle relative documentazioni.

Il Ministero inoltre “calca la mano”, con un’interpretazione letterale del decreto quando afferma che la mancata consegna della dichiarazione di conformità al distributore o fornitore delle utenze è colpita da durissime sanzioni,da 1.000 a 10.000 euro “con riferimento all'entità e complessità dell'impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione”. Quindi chi si vede sospesa la fornitura può vedersi anche imporre almeno mille euro di multa. Anche le aziende di distribuzione e fornitura di energia e acqua sono gravate dalla stessa sanzione, se non richiedono la documentazione all’utente. Nelle  risposte pubblicate il 20 marzo dal Sole 24 ore in merito alla garanzia prestata al rogito per un 'impianto che non si rivela a norma, il Ministero aveva preferito un’interpretazione più morbida: in questo caso le sanzioni non si applicano, salvo “che si possa risalire a specifiche responsabilità relative all'avvenuta installazione e manutenzione dei singoli impianti.”. *

 

Progetto solo se quando occorre una nuova dichiarazione di conformità

 

Il condomino non ha obblighi per le proprietà comuni

 

Una netta distinzione viene tracciata tra impianti condominiali e impianti a servizio di una singola unità immobiliare. Non esiste alcun obbligo da parte di chi vende un appartamento, lo affitta o attiva una nuova utenza a fornire anche la documentazione di conformità dell’impianto del palazzo. Tutto ciò anche quando l’appartamento è servito da una caldaia centralizzata e quindi una parte dell’impianto (caldaia e tubazioni comuni) è di proprietà del condominio e un’altra parte (caloriferi e tubazioni singole) appartiene invece al proprietario dei singoli locali. “In casi dubbi come questo” ci dicono dal Ministero, “si applicano i principi di adeguatezza, sussidiarietà e ragionevolezza. Un calorifero o una tubazione singola possono tuttalpiù perdere acqua: è molto difficile che creino problemi di sicurezza impiantistica”.

Quando il progetto è necessario. Allo stesso modo un impianto di irrigazione del giardino, se utilizza solo la normale pressione dell’acqua, non crea problemi di sicurezza e quindi non necessita di dichiarazioni di conformità. Ma se è collegato a pompe o trasformatori elettrici a tensione di rete, che se mal installati possono provocare incidenti anche gravi, il progetto, lo schema di impianto e la dichiarazione di conformità divengono indispensabili.

Un terzo esempio: quella della sostituzione di un vecchio interruttore differenziale (il cosiddetto “salvavita”) con uno nuovo. Il progetto può consistere in un semplice foglietto di carta in cui si dice in sostanza “si è sostituito l’interruttore differenziale esistente con uno di pari prestazioni collocandolo nella stessa posizione” e lo schema in una semplice foto. Ma se la sostituzione è dovuta, per esempio, al fatto che l’impianto deve essere messo in sicurezza per reggere la parte elettrica di due vasche da idromassaggio nuove di zecca, è evidente che nel progetto dovrebbe esserne fatta menzione, e se le vasche sono state installate da altri tecnici a ciò abilitati, dovrebbe esistere un’ulteriore progetto e relativa dichiarazione di conformità che le riguarda.

Quanto allo schema di impianto, Maurizio Editini, direttore di Assistal, l’associazione degli installatori, suggerisce una scorciatoia intelligente: “Quando occorre descrivere il percorso di tubazioni o fili elettrici sotto traccia, anziché impegnarsi a disegnare complessi schemi, può talvolta bastare una serie di foto digitali delle pareti o dei pavimenti, a tracce aperte, raccolte in un compact disk. E’ un sistema pratico e poco costoso, che già gli installatori più giovani utilizzano con successo”.

Vale infine la pena ricordare che il decreto n. 37/2008 non è l’unica disposizione di legge che preveda l’interruzione di una fornitura o i sigilli a un impianto in caso di mancato rispetto dei requisiti di sicurezza. Per quanto attiene agli impianti a metano, disposizioni in dettaglio sono previste dalla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas del 18 marzo 2004 (che impone anch’essa l’invio al distributore o al fornitore della certificazione, pena la sospensione dell’utenza). Inoltre le ispezioni “sul campo” degli impianti termici eseguiti da Comuni e Province ai sensi delle leggi sul risparmio energetico (legge n. 10/1991 e Dpr 412/1993) possono portare, e hanno portato nella prassi, anche alla messa fuori servizio dell’impianto per motivi di sicurezza e alla diffida del suo utilizzo (si veda per esempio l’art. 13 della legge Piemonte n. 13/2007) o quanto meno alla segnalazione alle autorità competenti alla disattivazione dell’impianto stesso.

 

Obblighi più stringenti per gli immobili non abitativi

 

Il decreto dello Sviluppo n. 32/2008 sulla sicurezza di tutti gli impianti estende il suo campo di applicazione, senza distinzioni, agli immobili residenziali, commerciali e industriali. Viceversa la “vecchia “ legge n. 46 del 1990 curava, per quanto riguarda il non residenziale, solo il settore degli impianti elettrici.

Gli ultimi chiarimenti del Ministero dello Sviluppo si sono imperniati sull’articolo 8, e in particolare sull’obbligo del committente, al momento dell’allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica, acqua “negli edifici di qualsiasi destinazione d'uso” (e quindi anche dirigenziali, commerciali e industriali), dell’invio al distributore o al venditore energetico di copia della dichiarazione di conformità dell'impianto. Se l’invio non avviene entro 30 giorni dalla richiesta, dopo un ulteriore sollecito (di cui per il momento è lasciato al distributore o al venditore di stabilire forma e modalità), la fornitura può essere sospesa e si è soggetti a una dure sanzioni, tra i mille e i diecimila euro.

Lo Sviluppo ha chiarito che il termine “allacciamento” va inteso in senso ristretto: se l’impianto è già funzionante, non contano i casi di subentro di un nuovo firmatario del contratto a un altro, né le modifiche contrattuali, né tanto meno il cambio di gestore energetico, divenuto talora possibile grazie alla liberalizzazione dei mercati. In sostanza, sono nel mirino solo i nuovi allacciamenti oppure gli aumenti di potenza dell’impianto stesso.

Ma è proprio su questi incrementi di potenza che viene tracciata una netta distinzione tra utenze che chiameremo “piccole” e quelle “grandi” (che spesso corrisponde a una alla differenza tra le utenze residenziali e di vendita al dettaglio e quelle commerciali, dirigenziali o industriali). Mentre infatti la dichiarazione di conformità delle normali unità residenziali deve essere resa disponibile solo nel caso in cui, l’aumento di potenza dell’impianto sia dovuto a innovazioni importanti (per esempio l’inserimento di nuovi impianti che di per sé richiedono la dichiarazione di conformità), nel caso di molti edifici non abitativi l’incremento di potenza del contatore elettrico o quello dell’impianto di riscaldamento o condizionamento, prevede comunque l’invio della dichiarazione di conformità, anche qualora non siano stati messi in opera interventi specifici.

Non solo: mentre il progetto e lo schema di impianto possono essere redatti, per le piccole utenze, dall’installatore stesso che ha eseguito le opere, per le più grandi occorre l’intervento di un professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste.

La distinzione tra piccole e grandi utenze, valida sia per chi fa il progetto che per i casi di consegna della dichiarazione per semplici incrementi di potenza, è tracciata dall’articolo 5 del nuovo decreto. Tra di essi: utenze elettriche non residenziali aventi potenza impegnata superiore a 6 kw, impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti per i quali é obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimentatori; impianti radiotelevisivi, antenne e impianti elettronici in genere, quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione; impianti dotati di canne fumarie collettive ramificate, nonché impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora; impianti di protezione antincendio, in attività soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando gli idranti sono almeno 4 o gli apparecchi di rilevamento sono almeno10.

Poiché gli incrementi di potenza delle grandi utenze riguardano soprattutto l’elettricità, la dichiarazione non sarà dovuta solo se l’impianto risale a prima dell’entrata in vigore della legge n. 46/1990 e non è mai stato trasformato o modificato da allora.