Clausole vessatorie nei contratti di mutuo

 

Ma il sì a patti imposti  può consentire di trattare altre condizioni

 

Vari articoli del codice del consumo, introdotti nel codice civile nel 1996 e poi da lì “emigrati”in questo nuovo codice, riguardano la tutela del consumatore nei confronti delle clausole vessatorie presenti nei contratti conclusi fra un imprenditore (definito “professionista“) e un consumatore, ivi compresi i contratti di mutuo. La tutela prevede appunto che il rapporto sorga tra una “parte debole”, in sostanza il privato cittadino che intrattiene un rapporto che non riguarda la sua attività professionale, e il “professionista”, che in questo contesto prende le vesti di qualunque persona, fisica o giuridica, che conclude il contratto nell'esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ed è pertanto considerato “la parte forte” (per il mutuo, la banca o l’istituto di finanziamento riconosciuto). Ne diamo conto in questa analisi, che è un’elaborazione redazionale di uno studio di Enrico Bevilacqua, notaio in La Spezia.

Ai sensi del decreto legislativo n. 206/2005 (codice del consumo) una clausola che determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto non è automaticamente vessatoria, è solo presunta come tale. La reale “vessatorietà” va verificata leggendo tutto il contratto, per scoprire se nel suo contesto essa non trovi una qualche giustificazione o un qualche contrappeso.

Tanto per fare un esempio relativo a un contratto di mutuo, una clausola teoricamente vessatoria, come quella che vieti l’accollo ad altri del mutuo stesso senza consenso, può trovare una sua ragione di esistere se il prestito è concesso a condizioni particolarmente agevolate a un dipendente di un’amministrazione pubblica e pertanto non possa passare a una persona che non ha gli stessi requisiti.

Una possibile compensazione alla vessatorietà può derivare anche dal fatto che il contratto sia stato oggetto di trattativa e che il consumatore sia riuscito a strappare in seguito ad essa altre condizioni particolarmente favorevoli che riportino equilibrio nel rapporto. Nei contratti di mutuo è abbastanza raro che il mutuatario-consumatore, in sede di trattativa, riesca ad ottenere una variazione delle clausole puramente normative; che sono stilate dagli uffici legali delle banche e sono raramente modificabili dal funzionario periferico addetto a erogare il prestito. Invece, è più comune che le clausole economiche (ad esempio, quella relativa al tasso di interesse) siano cambiate a favore del consumatore in una trattativa. Per esempio un tasso di interesse più basso può compensare lo squilibrio contrattuale di una clausola vessatoria a carattere regolamentare. Questa è almeno l’interpretazione che va per la maggiore ed è corroborata da giurisprudenza recente che, anche se in materia diversa dal mutuo, sottolinea che un contratto deve essere valutato per la sua funzione concreta, con riferimento ai reali interessi delle parti. Comunque la concorrenza tra istituti porta ad una maggiore elasticità delle banche, e delle singole filiali, nel contrattare il tasso di interesse.

L’articolo 34 del codice del consumo stabilisce che nei contratti predisposti con moduli o formulari, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole siano state oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

Esistono infine alcune clausole che non sfuggono alla vessatorietà neppure dopo una trattativa: quelle che escludono o limitano le azioni del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista, nonché le clausole che prevedono che l'adesione del consumatore sia estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto (per esempio un regolamento non allegato, anche se consultabile presso la sede dell’azienda).

C’è chi afferma (ma si tratta di una minoranza) che anche queste clausole sono controbilanciabili da altre più favorevoli, pur non avendo importanza se esiste o meno una trattativa.

Delle clausole potenzialmente vessatorie è fornita una lista nell’articolo 33, comma 2, che comprende ben venti tipologie: si tratta comunque di semplici esempi, per quanto ben fatti, che servono ad aiutare il giudice e in genere l’operatore. Resta valido il principio secondo il quale sono potenzialmente vessatorie anche clausole diverse da quelle elencate nell’art. 33, comma 2, a patto che il significativo squilibrio sia dimostrabile. In caso di dubbio, prevale comunque l’interpretazione più favorevole al consumatore.; Si parla di lista nera con riguardo alle clausole elencate alle lettere a), b) e l) (sono quelle per le quali è irrilevante la trattativa, mentre è discusso se sia ammessa la prova contraria alla vessatorietà); si parla di lista grigia con riguardo alle clausole elencate alle lettere da c) a i) e da m) a v) (per le quali la trattativa elimina la vessatorietà e per le quali può essere data la prova contraria alla vessatorietà).

I rimedi. Le clausole considerate vessatorie sono nulle: perciò è come se non fossero mai state scritte. Per il resto, il contratto rimane valido, a meno che non possa esistere senza di esse (cosa davvero difficile, però, in un mutuo).

La nullità può essere fatta valere solo a vantaggio del consumatore. Il fatto che il contratto rimanga valido ed efficace, ripulito della clausola nulla, è una tecnica normativa efficace a tutela il consumatore; infatti, a quest’ultimo interessa concludere il contratto (privo dalla clausola vessatoria), mentre andrebbe contro il suo interesse una nullità dell’intero contratto.

Oltre al comune cittadino, possono far valere la nullità anche le associazioni dei consumatori riconosciute a livello nazionale, quelle rappresentative dei professionisti nonché le Camere di commercio, attraverso una particolare azione, detta inibitoria, perché impedisce l’uso della clausola in tutti i contratti stipulati.

Le precauzioni. Il diritto del cliente a riceve in anticipo una copia del contratto di mutuo, senza perciò essere tenuto a sottoscriverlo (Delibera del Comitato interministeriale credito e risparmio 4 marzo 2003) non è, di per sé, una tutela sufficiente. Un po’ meglio è quando l’informazione è data con un prospetto chiamato European Standardised Information Sheet, frutto del Codice deontologico per l’informativa precontrattuale relativa ai mutui per la casa di abitazione (Raccomandazione del 1° marzo 2001 della Commissione Europea).

Le clausole sono comunque ostiche da interpretare anche per una persona di vasta cultura, ma che sappia poco o niente sull’argomento. L’informativa precontrattuale però si trasforma in un preziosissimo strumento se tale documento è fatto esaminare per tempo da chi se ne intende: per esempio un notaio o un’associazione di consumatori specializzata. Il notaio coinvolto, nove volte su dieci, non si farà pagare un euro per la consulenza, se è la stessa persona che sarà poi destinata ad assistere la compravendita e/o il mutuo.

 

Cosa deve garantire il notaio

 

Il contratto di mutuo si stipula sempre davanti a un notaio. E, senza dubbio, il notaio ha due compiti: quello di verificare che l’atto sia conforme alle leggi dello Stato (norme sulle clausole vessatorie comprese) e quello di tutelare in modo imparziale gli interessi delle due parti contraenti, e in particolar modo di quella più debole, il consumatore.

Ma allora, cosa deve fare tale professionista? Limitarsi ad avvertire il consumatore che nel testo o negli allegati del mutuo proposto esiste una clausola potenzialmente vessatoria, lasciando a lui la scelta se stipulare oppure no il mutuo? Oppure impuntarsi, pretendere che tale clausola sia modificata o eliminata e, in caso contrario, rifiutarsi di “rogare“ il contratto?

Non ci interessa, qui, dare una risposta giuridicamente ineccepibile: guardiamo invece alla situazione concreta. L’acquirente di una casa si presenta in genere dal notaio dopo aver firmato un preliminare di acquisto (il cosiddetto compromesso) in cui si impegnava a stipulare il rogito entro una certa data. Ha inoltre versato a garanzia una somma consistente, a titolo di caparra confirmatoria, somma che non intende certo buttare via. Non avendo il denaro sufficiente, si è dato da fare per trovare il mutuo che faccia al caso suo, interessandosi in genere alle condizioni economiche del finanziamento (tasso, durata, spese) e facendo poco caso alle condizioni non strettamente economiche. Se si trova davanti a un notaio puntiglioso, che inceppa tutto il delicato meccanismo dell’acquisto, che può fare? Precipitarsi a rintracciare un’altra banca, che magari gli proporrà un contratto in cui sono presenti altre clausole vessatorie? Farsi finanziare da parenti o amici?

Ben coscienti di questa grave difficoltà, anche i notai più attenti scelgono soluzioni duttili, valutando la situazione caso per caso e operando un equo contemperamento degli interessi coinvolti. Se una clausola è evidentemente vessatoria (per esempio, quella che imponga di non vendere l’immobile ipotecato senza il consenso della banca), il notaio avverte il consumatore-acquirente e lo rende cosciente di un fatto: nell’improbabile caso in cui l’istituto bancario si impuntasse nel farla valere, è praticamente certo che un giudice darebbe torto all’istituto stesso, rendendo così tale clausola nulla (e quindi senza effetti): un’arma spuntata nella mani della banca. Se il notaio ritiene invece che ci sia qualche possibilità di modificare la clausola stessa, lo si suggerisce al direttore della filiale che ha proposto il mutuo. Purtroppo può essere un’impresa difficile, dato che i funzionari periferici di una banca hanno scarso potere nel modificare una formula che è stata redatta dall’ufficio legale dell’istituto.

E’ evidente che lo spazio di azione del notaio si ampia molto se ha avuto la possibilità di esaminare per tempo le condizioni del mutuo, offrendo una consulenza (quasi sempre gratuita) al suo cliente sul fatto se sottoscriverlo o meno. Ed è lapalissiano che l’ideale è che le clausole vessatorie nei mutui non esistano proprio e che i consigli notarili si diano da fare per convincere gli istituti bancari ad eliminarle dalle loro bozze di mutuo.

Del resto, sin da un convegno a Bergamo nel 1998, i notai hanno attivato un dialogo con le banche, al fine di convincerle a “ripulire” i contratti di mutuo. Anche l’Abi (l’Associazione banche italiane) si è data da fare. I risultati ci sono, anche se carenze sono ancora riscontrabili, soprattutto nei capitolati delle banche a minor diffusione sul territorio.

 

Altolà alle modifiche unilaterali

 

La banca può modificare unilateralmente le condizioni (economiche e non) del contratto di mutuo? Se sì, entro che limiti può esercitare il cosiddetto “ius variandi”?

Se la risposta fosse “sì” rientreremmo nell’ambito dell’articolo 118 del Testo Unico delle leggi bancarie, come riscritto dall’articolo 10 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (come riscritto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248), che detta i presupposti per le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali da parte della Banca.

Va però subito detto che la risposta è negativa, secondo il Ministero dello Sviluppo. Con nota esplicativa del 21 febbraio 2007, n. 5574, il Ministero ha affermato che “risultano esclusi dal campo di applicazione (dell’articolo 118) i contratti di mutuo, nei quali lo svolgimento del rapporto in un arco temporale concordato tra le parti costituisce un elemento essenziale, a tutela degli interessi di entrambi i contraenti”.

In sintesi, l’art. 118 offre al cliente-consumatore la seguente disciplina di tutela:

a) la banca può modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di un contratto bancario solo qualora sussista un giustificato motivo;

b) la banca deve comunicare la modifica al cliente con un preavviso di 30 giorni, mediante comunicazione personale;

c) il cliente ha sessanta giorni per valutare se accettare la modifica (tacitamente); se non accetta la modifica, l’unica alternativa è quella di recedere dal contratto (salvo che non contesti la legittimità dell’esercizio dello “ius variandi“).

E’ evidente però che, nel caso specifico del mutuo, il diritto al recesso dal contratto non è un vantaggio determinante come in altri rapporti con la banca (per esempio il rapporto di conto corrente o il rapporto di amministrazione di un deposito titoli), perché obbligherebbe il mutuatario a rimborsare il capitale residuo e, spesso, a sottoscrivere un nuovo mutuo con un’altra banca, sopportando comunque spese notevoli, anche notarili.

Quindi lo “ius variandi” sarebbe incompatibile con il mutuo stesso, che è di fatto un contratto basato su uno scambio tra la banca, che concede una somma, e il cliente, che si impegna a restituirla a certe scadenze, in un certo lasso di tempo e a certe condizioni economiche (tra cui il tasso di interesse). Pertanto se lo ius variandi va a toccare le condizioni economiche di base che danno un senso a questo contratto, esso, da un punto di vista dei comportamenti economici, si configura in realtà come un recesso unilaterale della banca stessa dagli obblighi relativi alle prestazioni che aveva promesso di fornire, non come una possibilità di recesso del suo cliente.

Il Ministero dello Sviluppo ha rafforzato la sua interpretazione affermando che l’espressa volontà del legislatore ,in sede di conversione nella legge n. 248/2006, è stata quella di voler escludere” i contratti di durata aventi una natura peculiare e regolati da leggi speciali”, come quello di mutuo. Inoltre gli articoli 40 e 125 del Testo Unico stabiliscono una disciplina speciale, diversa da quella dell’articolo 118,  per l’estinzione anticipata, rispettivamente, delle operazioni di credito fondiario e di credito al consumo. Infine la legge 2 aprile 2007, n. 40  ha stabilito nell’articolo 7 una disciplina speciale per l’estinzione anticipata di mutui per immobili adibiti ad abitazione o allo svolgimento dell’attività economica o professionale di una persona fisica.

L’interpretazione del Ministero dello Sviluppo non è condivisa da tutti. Vi è anche un orientamento che ritiene lo “ius variandi“ applicabile a tutti i contratti bancari. Nella prassi, molte banche continuano a prevederlo  nei mutui; in tal caso, esse richiamano l’art. 118 nel testo attuale.

Qualora una clausola contrattuale (tipica peraltro nei mutui a tasso variabile o misto) rapporti il tasso stesso a un parametro determinato dal mercato finanziario, per esempio l’Euribor, è ovvio che le conseguenti variazioni degli interessi saranno perfettamente legittime, ma non perché “giustificate” ai sensi dell’articolo 118, in quanto siamo completamente al di fuori del campo dello ius variandi o delle clausole vessatorie. In caso di tasso variabile, infatti, entrambe le parti hanno già deciso sin dall’inizio che il tasso sia l’Euribor e quindi da subito hanno accettato le oscillazioni che interverranno nel corso del rapporto, ma non è stata per nulla attribuita alla banca la facoltà di variare unilateralmente il tasso.

 

Le postille più comuni

 

Tipo di clausola (articolo, comma e lettera del Codice del consumo)

Esempio di clausola

 (non si esauriscono tutte le possibilità)

Note

Foro competente (33,2,u)

In caso di controversia, il Foro competente è quello di … (diverso da quello della residenza o del domicilio del consumatore)

 

E’ vessatoria la clausola con la quale si stabilisce come foro competente sulle controversie una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, in particolare quella ove ha sede il professionista (imprenditore).

Giurisdizione (33,2,t)

In caso di controversia relativa alla validità, efficacia, interpretazione ed esecuzione del presente contratto, la decisione sarà devoluta all’autorità giudiziaria ….. (indicare lo Stato)

La legge 218/1995 consente patti di deroga alla giurisdizione italiana, prevedendo il ricorso a quella di un altro Stato. Tuttavia il consumatore può trovarsi in evidenti difficoltà nel ricorso a norme e tribunali esteri, per cui può aversi un “significativo squilibrio“.

Arbitrati (33,2,t)

In caso di controversia relativa alla validità, efficacia, interpretazione ed esecuzione del presente contratto, la decisione sarà devoluta ad un arbitro unico, nominato dal Presidente del Tribunale di …, arbitro che deciderà secondo diritto.

Sono vessatorie le clausole che prevedano la conciliazione o l'arbitrato (rituale o irrituale), senza garantire che l'organo di risoluzione della controversia abbia i requisiti previsti dall'art. 141 del codice del consumo o senza garantire l'intangibile diritto del consumatore a rivolgersi al giudice competente qualunque sia l'esito della procedura arbitrale.

Efficacia probatoria delle scritture contabili (33,2,t)

Gli estratti conto, le registrazioni, le scritture contabili ed in genere le risultanze contabili della banca fanno sempre piena prova sia nei confronti della parte mutuataria sia nei confronti di terzi

E’ vessatoria sia perché crea un evidente squilibrio di diritti, sia perché pone limitazioni della facoltà di opporre eccezioni del consumatore

Limitazioni al potere di cancellazione dell'ipoteca (33,1-2,t)

La cancellazione, la riduzione, la restrizione dell'ipoteca non potrà essere richiesta se non dopo che siano decorsi due anni dall'estinzione anticipata o un anno dall'estinzione alla scadenza contrattuale (o a quella successiva stabilita a seguito di proroga) sempreché non siano intervenute procedure concorsuali a carico del/i Mutuatario/i",.

Già indiziata di invalidità o vessatorietà prima del varo del Dl 7/2007 (poi legge 40/2007). Questa normativa prevede comunque che chiunque estingua un mutuo (anche un imprenditore) abbia diritto a una speciale procedura di estinzione dell’ipoteca.

Si discute se sia ancora possibile detta clausola limitativa in caso di cancellazione “codicistica” (con atto notarile), modalità di cancellazione ancora consentita. Ma anche in questo caso la clausola sarebbe invalida in caso di mutuo fondiario, vessatoria in caso di mutuo non fondiario.

Possibilità di pignorare beni diversi da quelli ipotecati (33,2,t)

In deroga all'art. 2911 c. c., è facoltà della Banca pignorare beni mobili ed immobili diversi da quelli concessi in ipoteca, indipendentemente dal pignoramento dei beni immobili ipotecati

E’ vessatoria in quanto comporta una limitazione della facoltà di opporre eccezioni; essa, infatti, contrasta in pieno con l’art. 2911 c.c.

Divieto di accollo (33,2,t)

E’ vietato l’accollo del mutuo, salvo espresso consenso della banca, la quale potrà prestarlo o meno a suo insindacabile giudizio.

E’ vessatoria, salvo che il mutuo sia previsto solo per un certo tipo di mutuatario (ad esempio, dipendente della banca oppure soggetto appartenente ad una categoria convenzionata con la banca stessa); in tal caso l'accollo determinerebbe la prosecuzione del contratto con un nuovo soggetto (l'accollante) privo dei requisiti soggettivi, determinando estensione di condizioni favorevoli a soggetti per i quali dette condizioni non erano previste

Pregiudizio rilevante dell’uso dell’immobile (33,2,t)

La banca ha facoltà di risolvere il contratto ai sensi dell'art. 1456 c. c. (clausola risolutiva espressa) nei seguenti casi: (... ) - "mutamento della destinazione dei beni sottoposti all'ipoteca, senza il consenso della Banca"

Crea un pregiudizio molto forte nell’uso dell’immobile. La banca ha però interesse a che il valore del bene ipotecato non diminuisca; quindi è legittimo prevedere un obbligo del mutuatario di informarla dell’intenzione di mutare l’uso del bene (per esempio da abitazione a magazzino).

Limiti ai diritti di vendita (33,2,t)

E’ fatto divieto al mutuatario di alienare l’immobile nel corso dei primi tre anni dalla sottoscrizione del mutuo, senza il consenso della banca

Vessatoria perché vi è una forte limitazione della libertà contrattuale, non giustificata da un interesse (della banca) meritevole di tutela

Limiti ai diritti di locazione (33,2,t)

E’ fatto divieto al mutuatario di locare l’immobile ipotecato senza il consenso della banca

E’ vessatoria perché il divieto stabilito non è limitato alle locazioni di durata eccedente quella prevista dalla legge. Pertanto, si incide eccessivamente sulla libertà contrattuale del mutuatario.

E’ fatto divieto al mutuatario di locare l’immobile ipotecato per una durata superiore a quella minima prevista dalla legge

Non è vessatoria perché circoscrive ad un caso ben specifico il divieto, al legittimo fine di tutelare la garanzia offerta, la quale costituisce elemento rilevante - per il creditore - nella decisione di concludere il contratto. In particolare, la clausola mira ad evitare un danno alla banca creditrice nella fase dell'eventuale esecuzione, danno rappresentato dalle opposizioni (nella fase esecutiva o di rilascio) che l’inquilino dell'immobile potrebbe effettuare.

E’ fatto divieto al mutuatario di riscuotere anticipatamente i canoni derivanti da un’eventuale locazione e di cedere a terzi detti canoni

Vessatoria. Mira a impedire che il mutuatario moroso cerchi di stornare delle somme che potrebbero essere utilizzate per ripianare il debito.

Limiti ai diritti di godimento

E’ fatto obbligo al mutuatario di informare la banca in ordine a turbative del possesso o a contestazioni del diritto di proprietà da parte di terzi.

Non è vessatoria in quanto è legittima la pretesa della banca ad essere informata su turbative o contestazioni, al fine di rivalutare se sussista un adeguato rapporto fra il credito e la garanzia offerta

E’ fatto divieto al mutuatario di alterare la condizione giuridica dei cespiti ipotecati e in particolare di costituire servitù passive e di modificare o aggravare quelle eventualmente preesistenti

Determina una limitazione della libertà contrattuale del proprietario, non giustificata da un interesse meritevole di tutela della banca. Non è comunque opponibile alla banca una servitù trascritta successivamente all’ipoteca.

Deroga all'art. 190 del codice civile

In deroga all’articolo 190 del codice civile, la banca potrà agire su tutti i beni della comunione, anche futura, del mutuatario, nonché su tutti i beni personali di ciascuno dei coniugi

Clausola ammissibile quando il contratto di mutuo è stipulato da entrambi i coniugi. Quando invece lo stipula una sola persona (coniugata o non), l'ammissibilità di tale clausola deve essere valutata di volta in volta. Comunque è vessatoria quando deroga alla disposizione che concede ai creditori il diritto di rifarsi sui beni personali solo quando quelli della comunione sono insufficienti.

Diritto di variare unilateralmente le condizioni del contratto (33,2,g; 34,4)

Vedi articolo sopra

Risoluzione automatica per inadempimento con motivazioni generiche

Il contratto si risolverà automaticamente per inadempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal presente contratto di mutuo.

o in alternativa:

Il contratto si risolverà automaticamente qualora non sia adempiuta anche una sola delle obbligazioni derivanti dal presente contratto di mutuo

E’ vessatoria e inefficace, perché non specifica le cause di inadempimento.

La clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.), per essere efficace, deve fare riferimento all’inadempimento di specifiche obbligazioni e non di ciascuna delle obbligazioni derivanti dal contratto. La clausola poi non specifica casi di inadempimento significativi o corrispondenti ad interessi meritevoli di tutela.

Risoluzione automatica per inadempimento per eventi che dipendono da terzi (33,2,g -t)

Il contratto si risolverà automaticamente per inadempimento nel caso in cui il mutuatario subisca protesti, decreti ingiuntivi, pignoramenti, domande giudiziali o ipoteche giudiziali.

E’ vessatoria la risoluzione automatica. Le ipotesi previste (protesto, pignoramento, e così via) possono essere indizio di insolvenza, ma non comportano necessariamente insolvenza (impossibilità economica del mutuatario a far fronte ai propri debiti).

Decadenza del termine per eventi che dipendono da terzi

La banca potrà esigere anticipatamente il rimborso del capitale mutuato nonché degli interessi non ancora corrisposti nel caso in cui il mutuatario subisca protesti, decreti ingiuntivi, pignoramenti, domande giudiziali o ipoteche giudiziali.

L’insolvenza deve essere dimostrata, ai sensi dell’articolo 1186 del codice civile. E’ vessatoria una clausola che attribuisca alla banca il diritto di ottenere il pagamento di interessi relativi a rate non ancora scadute.

Decadenza del termine per ritardato pagamento

Il ritardato pagamento, oltre il trentesimo giorno, anche di una sola rata, sarà motivo, a giudizio della banca, per invocare la decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c.

E’ non solo vessatoria ma anche invalida perché non rispetta o elude l'art. 40, comma 2, del Testo Unico Bancario, che prevede che la banca può pretendere la risoluzione in caso di ritardato pagamento delle rate che si verifichi almeno sette volte. La legge considera ritardato pagamento quello effettuato fra 30 e 180 giorni successivi alla scadenza della rata.

Decadenza del termine per cause non rilevanti

Si prevede la decadenza dal beneficio del termine in caso di mancato immediato avviso alla Banca, con lettera raccomandata, di ogni cambiamento del proprio domicilio da parte del mutuatario

E’ vessatoria perché collega la decadenza ad un evento che non è significativo né ai fini dell’insolvenza né ai fini dell’inadempimento.

Traslazione dell’onere tributario (33,1)

Sarà a carico del mutuatario l’imposta sostitutiva relativa al mutuo.

Non è vessatoria, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della Legge 27 luglio 2000 n. 212.

Sarà a carico del mutuatario ogni onere tributario, diretto o indiretto, relativo al presente contratto.

E’ vessatoria e probabilmente anche invalida perchè troppo ampia e generica. E’ comunque vessatoria se riguarda imposte dirette.

Limitazioni al mutuatario della facoltà di opporre eccezioni (33,1;33,2,t)

Nessuna eccezione od opposizione potranno sollevare il mutuatario e gli eventuali datori d'ipoteca e garanti in qualsiasi sede e per qualsiasi causa nei confronti della Banca, fino a quando il credito di questa, dipendente dal mutuo, non sia stato completamente soddisfatto.

Sono clausole vessatorie per il fatto che limitano la possibilità di opporre eccezioni.

 

La parte mutuataria si impegna irrevocabilmente, con esplicita rinuncia ad opporre eccezioni di qualsivoglia natura e sotto pena di risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1456 c.c., al pagamento delle rate mensili.

Alla banca dovrà essere immediatamente rimborsata ogni imposta o tassa di qualsiasi specie che venissero istituite, senza obbligo della banca di contestare la legittimità di tali oneri; resta inteso che la banca non deve comunque sopportare oneri fiscali maggiori di quelli attuali; nel caso che la rivalsa in ordine ai predetti tributi venisse a trovare ostacolo in disposizioni di legge, la Banca potrà risolvere il contratto di finanziamento*

E’ pattuita la decadenza dal beneficio del termine in caso di inadempimento ad ogni altro diverso obbligo previsto a carico della parte mutuataria dal contratto e dal presente capitolato o dipendente da altre operazioni di mutuo in corso con la stessa Banca mutuante e garantite ipotecariamente sugli stessi immobili

E’ vessatoria perché prevede una decadenza non prevista dalla legge e per l'estrema genericità e ampiezza dei presupposti (addirittura si fa riferimento ad altre operazioni di mutuo…).

Limitazioni al fideiussore della facoltà di opporre eccezioni (33,1;33,2,t)

Al fideiussore non sarà consentito opporre eccezioni alla banca creditrice, quali ad esempio quella di invalidità dell'obbligazione principale, di mancata preventiva escussione del debitore principale, di mancata proposizione di istanze giudiziarie da parte del fideiussore.

Se si qualifica l’obbligazione del garante (consumatore) come fideiussione, la clausola è vessatoria perché limitativa della possibilità di opporre eccezioni.

Tuttavia, non si può escludere che la clausola possa essere ritenuta non vessatoria, seguendo una ricostruzione diversa; infatti, proprio in ragione del contenuto della clausola, si potrebbe riqualificare l’obbligazione del garante come obbligazione derivante da contratto autonomo di garanzia, nonostante il nomen iuris adoperato.

Clausola che determina un “significativo squilibrio”

(33,1)

In caso di morosità del mutuatario o di inizio di procedure esecutive sugli immobili ipotecati, la banca potrà imputare in conto di quanto ad essa dovuto i titoli di pertinenza della parte mutuataria che si trovassero presso la Banca medesima. Detti titoli dovranno intendersi ceduti "pro-solvendo" alla Banca mutuante, la quale avrà la facoltà di vendere i titoli stessi al meglio per imputarne come sopra il loro ricavato

Si potrebbe sostenere che è vessatoria perchè il creditore è tutelato dalle procedure esecutive previste (in modo tassativo) dalla legge. La banca, però, può replicare qualificando la clausola come un mandato ad alienare anche nell'interesse del mandatario e sottoposto a condizione sospensiva; in tal caso, dovranno essere rispettate le norme in materia di mandato, compreso l’obbligo di diligenza del mandatario, e dovrà essere rispettato il più generale obbligo di buona fede oggettiva (o correttezza) in sede di esecuzione del contratto.

Adesione a clausole non conosciute (36, 2; 33,2,l)

Il mutuatario conferma di aver verificato il pieno rispetto, da parte della banca, degli obblighi su di essa incombenti in materia di informativa precontrattuale

Oppure

La parte mutuataria dichiara di essersi avvalsa [oppure di non essersi avvalsa] del proprio diritto di avere preventiva conoscenza del contratto

E’ una clausola inefficace (o di stile). La banca deve comunque garantire l’informativa pre-contrattuale; è un suo preciso dovere ed è anche un suo interesse, perché la violazione degli obblighi di informativa comporta l’applicazione di severe sanzioni. L’affermazione contenuta nella clausola non dovrebbe essere contenuta nel contratto, perché inerente a una fase precedente a quella di conclusione del contratto.*

Ipoteca

integrativa

La banca - qualora il suo credito derivante dal mutuo ipotecario diventi superiore all'ipoteca iscritta in forza del contratto medesimo - ha la facoltà di iscrivere sugli stessi beni o anche su parte di essi (oggetto dell'ipoteca principale concessa a garanzia del mutuo), ipoteca integrativa a cautela del credito costituito dalle rate del mutuo, dai relativi interessi maturati e maturandi e dagli accessori, credito che non sia garantito dall'ipoteca principale.

Non invalida se la clausola prevede l’importo massimo della nuova iscrizione. Inoltre, è necessario che la banca, in sede di esecuzione del contratto, si comporti secondo correttezza; pertanto, l’iscrizione ipotecaria integrativa deve essere eseguita per un importo ragionevole, se del caso inferiore all’importo massimo consentito (se ciò è congruo in base ai tassi correnti).

La clausola ha scarsa applicazione, in quanto non può essere apposta ai mutui fondiari indicizzati (per i quali vi è una clausola legale di adeguamento).

 

Fonte: Elaborazione Confappi-Federamministratori di studio del notaio Enrico Bevilacqua**