Giovanni Tomassoli*

La pubblica amministrazione deve risarcire i danni al proprietario di un immobile, quando non ha obbedito ai suoi obblighi di legge. Non è pensabile che il Comune se la cavi con un esproprio, "compensando" il cittadino con un semplice indennizzo, per evitare di adempiere alle norme.

L'autorevole conferma al fatto che gli interessi legittimi del cittadino, se non sono rispettati, debbono essere risarciti da comuni e enti locali in genere, viene dalla Cassazione (sentenza n. 1369 dell'8 febbraio 2000), che fa sue le tesi espresse da una sentenza di importanza storica, la n. 500 del 1999, che ha segnato un brusco cambiamento di rotta rispetto a tutta la giurisprudenza precedente.

La Cassazione ha così sconfessato sia al Tribunale di Avellino che alla Corte di Appello di Napoli, che avevano rigettato il ricorso dei cittadini danneggiati.

Argomento della sentenza era un immobile divenuto pericolante dopo il sisma del 1980. La legge 14 maggio.1981, n. 219 stabiliva che il Comune, nel caso in cui intendesse realizzare opere pubbliche sul terreno dell'immobile danneggiato, poteva occuparlo d'urgenza, ma a una condizione: che concedesse al proprietario un altro terreno su cui costruire e dei contributi economici.

Tutto ciò non è accaduto: anzi i proprietari avellinesi, dopo otto anni dall'occupazione, si sono visti espropriare il terreno, ricevendo in cambio un semplice indennizzo. Le loro proteste sono state vane: gli è stato risposto che non era stato ancora approvato il Piano di Recupero che avrebbe permesso di edificare altrove. Non solo: non essendo più proprietari dell'immobile espropriato, non potevano ottenere alcun contributo economico: infatti i contributi erano dovuti solo a chi era padrone di casa.

La Cassazione ha ristabilito il buonsenso nella complessa vicenda. Ha innanzitutto ribadito che l'approvazione dei piani per la riedificazione e il pagamento dei contributi ai terremotati erano un obbligo del Comune stabilito dalla legge. I cittadini proprietari avevano quindi il diritto di richiedere il pagamento dei danni al Comune stesso, per non aver adempiuto a tale obbligo. Ha poi aggiunto che la legge 219/81 prevede che la realizzazione dell'opera pubblica sia possibile solo dopo che gli antichi proprietari avessero ottenuto quanto dovuto.

Era comunque possibile che il Comune decidesse di espropriare l'area, pagando un indennizzo, per realizzarvi sopra l'edificio pubblico, senza attendere l'approvazione dei piani di recupero. Ma tutto ciò non lo esimeva da riconoscere ai cittadini tutto quanto era stato deciso con la legge 219/81 (cioè denaro ed altre aree edificabili).

E forse la prima volta che la Cassazione, dopo la pronuncia delle sezioni Unite 500 del 1999, ritorna sull'argomento del risarcimento dei cittadini danneggiati dalla pubblica amministrazione. Nel frattempo, però, numerose sentenze dei tribunali hanno riconosciuto lo stesso principio e, dati i frequenti casi di inefficienza della macchina pubblica, c'è da prevedere che il numero chi chi chiede ed ottiene un risarcimento crescerà impetuosamente.

*Federamministratori-Confappi