Giovanni Tomassoli*

L'esproprio ha un limite di tempo: vent'anni. Passato questo periodo si può ridiventarne proprietari di case e terreni, senza pagare una lira. Basta che il Comune sia restato inerte e non abbia realizzato l'opera pubblica prevista sul fondo. Lo ha affermato la Cassazione, con sentenza numero 5293 del 2000.

E' possibile, perciò, esercitare il cosiddetto "diritto di usucapione", cioè il diritto di divenire proprietari di un immobile, se per vent'anni ci si comporta "da padroni di casa". Per impedire l'usucapione il Comune deve ribellarsi prima della scadenza di questo termine, mettendo in piedi un'azione giudiziaria detta "di reintegrazione nel possesso"..

La decisione della Cassazione non riguarda un caso raro: capita abbastanza spesso che l'amministrazione pubblica, dopo aver espropriato un immobile, non si serva dell'area per gli scopi dichiarati. Tuttavia, dice la Cassazione, il proprietario (o i suoi eredi) possono usucapire l'immobile espropriato solo a condizioni ben precise. Per capire quali, vediamo di ricostruire quanto è stato deciso nel corso della causa in questione.

Il giudizio riguardava un immobile, espropriato dal Comune allo scopo di realizzare una strada di accesso ad alcuni impianti sportivi, nel quadro degli interventi previsti per le Olimpiadi del 1960. Nei primi anni dopo l'esproprio, gli ex proprietari avevano perfino chiesto al giudice di determinare l'indennità da incassare, a titolo di risarcimento. Nel frattempo avevano però continuato a comportarsi come se fossero ancora i padroni di casa, percependo un canone dall'affitto dell'immobile. Perciò, passati vent'anni, era maturato il diritto ad usucapirlo.

La decisione della Cassazione non era per nulla scontata: in genere, infatti, è considerato "usucapibile" un bene solo se è di proprietà privata, cioè appartiene al cosiddetto "patrimonio disponibile", che è liberamente vendibile. Evidentemente la Cassazione ha stabilito che, nel caso in questione, la proprietà pubblica non c'è mai stata, dal momento che non sono stati esercitati i relativi diritti.

Se, per esempio, il Comune avesse usato l'immobile espropriato, anche per fini diversi da quelli previsto nel decreto di esproprio, sarebbe stato impossibile usucapirlo. Al massimo l'ex proprietario avrebbe potuto richiedere la cosiddetta "retrocessione dell'area", prevista dalla legge 2359 del 1865, pagando però al Comune un'indennità pari al valore dell'immobile stesso. Quindi solo se la pubblica amministrazione è talmente inerte da lasciare che l'ex proprietario "possieda" il bene, è possibile che questi ne ritorni padrone, senza sborsare nulla.

Federamministratori-Confappi