Cass_24_7_01_10086

Cassazione - Sezione Terza Civile

Ordinanza 15 giugno - 24 luglio 2001 n. 10086/2001

 

Sono inefficaci le clausole vessatorie inserite dai fornitori e dalle compagnie di assicurazione nei contratti a svantaggio del condomino-consumatore, che non può essere considerato un "professionista", anche quando a firmare il contratto è, in sua rappresentanza, un amministratore condominiale con partita Iva.

E' questa la grande novità portata dall'ordinanza della Cassazione 10086/2001, di cui riproduciamo a seguito il testo: sono infatti in corso diverse cause proprio a questo proposito.

La sentenza si sofferma anche sul fatto che l’articolo 1469 bis, comma 3, n.19, nello stabilire che si . presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno effetto di stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, fissi ;anche un foro esclusivo per lo stesso, con la conseguenza che, espunta detta clausola vessatoria, non troverebbero applicazione né i fori generali di cui agli articoli 18 e 19, Cpc, né il foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione (articolo 20)".

Ordinanza.

Presidente Grossi - relatore Segreto

Pm Napoletano, difforme - ricorrente Ceam Srl - controricorrente Condominio Arcobaleno

1. La Ceam Srl ha proposto regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di Bologna, depositata, il 6 novembre 2000, con la quale detto giudice dichiarava la propria incompetenza per territorio nella causa tra la Ceam ed il Condominio Arcobaleno, via Meli 2, di Ferrara, sul rilievo che l’articolo 1469 bis Cc, comma 3, n. 19, avrebbe introdotto un foro esclusivo in favore del consumatore nei contratti stipulati tra il professionista ed il consumatore.

Rileva preliminarmente questa Corte che la decisione del presente regolamento di competenza dipende dall’applicabilità alla fattispecie in esame dell’articolo 1469 bis Cc (introdotto con legge 6 febbraio 1996, n. 52) sia ratione temporis, sia alla qualificabilità del soggetto contraente (un condominio), quale consumatore, nonché dall’esclusività o meno del foro di residenza del consumatore, di cui al predetto articolo 1469 bis, n. 19, Cc.

2. Quanto alla prima questione va, anzitutto, osservato che i nuovi articoli 1469 bis e segg. Cc, non sono applicabili ai contratti stipulati prima della loro entrare in virtù del principio generale dell’irretrattività della legge (articolo 11 preleggi) (Cassazione 29 novembre 1999, n. 13339).

Sennonché in caso di rinnovazione del contratto, se essa è avvenuta successivamente all’entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che con l’articolo 25 ha introdotto agli articoli 1469 bis e segg., dette norme si applicano al contratto rinnovato.

Infatti, in caso di rinnovazione tacita del contratto, si verifica pur sempre una nuova regolamentazione tra le parti dei loro rapporti, sia pure configurata per relationem sulla base delle precedenti clausole contrattuali, fondata su un reciproco consenso espresso tacitamente, ma in maniera inequivoca.

3.1. Quanto alla seconda questione va osservato che il contratto di manutenzione dell’impianto elevatore installato nell’immobile del condominio venne sì stipulato dall’amministratore del condominio, ma in rappresentanza dei condomini.

Infatti il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti (Cassazione n. 826/1997; Cassazione n. 12204/1997; Cassazione n. 7544/1995). In particolare il rapporto contrattuale oggetto di causa, relativo ad una prestazione di servizi, non vincola l’amministratore in quanto tale, ma i singoli condomini e l’amministratore opera come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini.

Ne consegue che, poiché i condomini vanno senz’altro considerati consumatori, essendo persone fisiche che agiscono, come nella specie, per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, anche al contratto concluso dall’amministratore del condominio con il professionista, in presenza degli altri elementi previsti dalla legge, si applicano gli articoli 1469 bis e segg. Cc.

3.2. Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 1469 bis, comma 3 n.19, Cc si presume vessatoria, fino a prova contraria, la clausola che stabilisca "come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio eletto del consumatore" e cioè, nell’ipotesi che il consumatore sia un condominio, dalla sede del condominio.

4.1. Con riferimento alla terza questione, va osservato, quanto alle conseguenze della vessatorietà di tale clausole, che all’accertamento della stessa consegue solo l’inefficacia della clausola vessatoria, mentre il contratto rimane efficace (articolo 1469 quinquies Cc).

Non può invece condividersi l’assunto della sentenza impugnata secondo cui l’articolo 1469 bis, comma 3, n.19, non solo individui un’ipotesi di clausola vessatoria presunta nei contratti con il consumatore, ma fissi anche un foro esclusivo per lo stesso, con la conseguenza che, espunta detta clausola vessatoria, non troverebbero applicazione né i fori generali di cui agli articoli 18 e 19, Cpc, né il foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione (articolo 20).

Infatti, anzitutto, la norma in questione si limita a regolamentare un’ipotesi di vessatorietà presunta della clausola contrattuale e non a statuire su un foro esclusivo per il consumatore.

Quando il legislatore ha inteso istituire fori esclusivi per le cause del consumatore, come con l’articolo 12 del D.Lgs. n. 50/1992, per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, e con l’articolo 10 D.Lgs. n. 427/1998, in materia di multiproprietà, lo ha fatto espressamente.

In ogni caso è giurisprudenza pacifica che la norma in questione è una norma di diritto sostanziale e come tale si applica solo ai rapporti sorti successivamente alla sua entrata in vigore (Cassazione 29 novembre 1999, n. 13339).

Se la norma in questione istituisse anche un foro esclusivo per il consumatore, in questa parte costituirebbe norma processuale e, come tale, sarebbe di immediata applicazione (Cassazione 21 aprile 2000, n. 5244; Cassazione n. 5235/2000).

4.2. Non si può, pertanto condividere, se non parzialmente in relazione all’operatività della legge, l’orientamento espresso da Cassazione 22 novembre 2000, n. 15101, citata dal P.G. nelle sue conclusioni, secondo cui "in tema di contratti tra consumatori e professionisti, la regola iuris dettata in tema di competenza territoriale dall’articolo 1469 n. 19 Cc, secondo la quale la competenza a conoscere della controversia insorta tra le parti si radica presso l’autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore, non si applica ai procedimenti instaurati in epoca precedente all’entrata in vigore della norma citata, attesane la natura sostanziale e non meramente processuale".

Infatti è vero che la norma in questione non trova applicazione ai rapporti sorti precedentemente all’entrata in vigore della legge 52/1996, ma ciò proprio perché non introduce un foro esclusivo per il consumatore e quindi è norma sostanziale e non processuale.

4.2. Inoltre, a norma dell’articolo 1469, ter, comma 3, Cc, "non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge".

Ne consegue che se la clausola contrattuale relativa al foro competente, riproducesse il dettato dell’articolo 20 Cpc, in tema di foro facoltativo certamente non potrebbe ritenersi vessatoria, indipendentemente dalla circostanza che essa sia stata oggetto di trattativa individuale.

Se il legislatore, nel silenzio sul punto delle contratto, avesse ritenuto che il codice di rito tuttavia prevedeva una disposizione (articolo 20 Cpc) in ogni caso gravosa per il consumatore, avrebbe dovuto prevederne una diversa.

L’interpretazione proposta dalla sentenza impugnata e da parte della dottrina, secondo cui la norma in questione prevede un foro esclusivo per i contratti del consumatore, ancorché derogabile consensualmente a seguito di trattative finisce per essere un’interpretazione abrogante, in siffatte ipotesi, degli articoli 18-20 Cpc, in contrasto con i principi in tema di interpretazione e di abrogazione della legge (articoli 12 e 15 preleggi).

4.3. Infatti, anzitutto, quanto sostenuto dalla tesi che qui si contrasta non è previsto espressamente dalla lettera dell’articolo 1469 bis, Cc, come è pacificamente riconosciuto.

4.4. Inoltre non può ritenersi che questo principio di diritto processuale (foro esclusivo del consumatore si possa ricavare dalla ratio della norma o dall’intenzione del legislatore.

È vero che la determinazione del contenuto di una norma può essere tratta dal fine che il legislatore abbia voluto perseguire con essa (Cassazione n. 1697/1981). Sennonché, poiché la norma in questione mira ad individuare ipotesi di clausole vessatorie poste nel contratto tra il professionista ed il consumatore, e poiché la norma successiva dichiara che non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge, il legislatore si è proposto il fine di evitare "vessazioni" da parte del professionista nei confronti del consumatore e contemporaneamente ritiene che le norme, che già si trovano nell’ordinamento, non possono mai integrare detta situazione.

4.5. Né può ritenersi, conseguenzialmente, come pure ritiene parte della dottrina, che nella fattispecie si verserebbe in un’ipotesi di abrogazione per incompatibilità implicita ovvero per nuova regolamentazione dell’intera materia.

Infatti la prima sussiste quando risulti un obiettivo contrasto fra la norma successiva e la norma precedente tale da rendere impossibile la loro contemporanea applicazione, mentre nella fattispecie, come si è detto, le norme in questione (da una parte l’articolo 1469 bis, comma 3, n. 19, Cc e dall’altra gli articoli 18-20 Cpc) operano su piani diversi ed hanno diversi oggetti.

La seconda si ha quando la legge successiva costituisca un sistema normativo tendenzialmente completo, che consenta di disciplinare l’intera materia.

Nella fattispecie, come sopra detto, tutte le norme mirano solo ad evitare che il contenuto del contratto tra professionista ed il consumatore presenti clausole vessatorie, ma non regolamentano ex novo la tutela processuale del consumatore, individuando un foro particolare per la tutela del consumatore.

Anzi l’unica norma che ha un contenuto parzialmente processuale (articolo 1469 sexies, sull’azione inibitoria) dichiara solo che essa è proponibile davanti al "giudice competente", con recepimento, quindi delle norme già esistenti del codice di rito in materia di competenza.

5. Nella fattispecie, avendo la sentenza impugnata correttamente ritenuto che non era stata superata la presunzione di vessatorietà della clausola contrattuale relativa al foro competente per territorio, poiché va esclusa la sussistenza di un foro esclusivo per il consumatore e, quindi, va ritenuto operativo il foro facoltativo di cui all’articolo 20 Cpc per le cause relative a diritti di obbligazione, va dichiarata la competenza del tribunale di Bologna, per inammissibilità dell’eccezione di incompetenza, che, essendo fondata solamente sull’assunta esistenza di un foro esclusivo del consumatore (rivelatosi poi infondato), non ha contestato ulteriormente tutti i fori alternativamente competenti.

In ogni caso, a parte il suddetto profilo di inammissibilità, la competenza del tribunale di Bologna va anche dichiarata quale forum destinatae solutionis, a norma dell’articolo 20 Cpc.

6. Va, inoltre accolta l’impugnazione della sentenza, anche relativamente alle spese processuali, statuite dal primo giudice.

Infatti, come questa Corte ha già ritenuto (Cassazione, sezione III, 4 agosto 2000, n. 10323), qualora venga proposto regolamento necessario di competenza nei confronti di una sentenza che si sia pronunciata esclusivamente sulla competenza e sulle spese, la Corte di Cassazione, con la sentenza (attualmente ordinanza) emessa a norma dell’articolo 49 Cpc, qualora dichiari una diversa competenza rispetto a quella indicata dalla sentenza impugnata, determinando ciò la caducazione della sentenza impugnata non solo relativamente al capo della competenza per violazione delle norme sulla competenza, ma anche a quello relativo alle spese processuali, in conseguenza dell’effetto espansivo dell’impugnazione a norma dell’articolo 336, comma 1, Cpc, senza la necessità che quest’ultimo sia investito da un mezzo ordinario di impugnazione, deve statuire anche sulle spese processuali del giudizio davanti al giudice di merito e non solo del regolamento, in applicazione analogica del principio di cui all’articolo 385, comma 2, Cpc.

Ritiene questa Corte che esistano motivi per compensare per intero tra le parti le spese del giudizio di merito e di questo regolamento.

PQM

Dichiara la competenza del tribunale di Bologna. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.