Più tranquillità per chi deve rimettere a nuovo l'impianto di riscaldamento termoautonomo: non sarà più costretto ad installare una caldaia a tenuta stagna (che pesca l'aria per la combustione e scarica i fumi all'esterno dell'edificio). Lo ha stabilito, nell'articolo 44, la legge Comunitaria 2001, approvata definitivamente dalla Camera il 20 febbraio. La Comunitaria, infatti, ha soppresso l'ultimo periodo dell'articolo 5 del Dpr 412/93, il "testo sacro" della sicurezza e del risparmio energetico negli edifici, che imponeva l'apertura di una vera e propria finestra senza vetri, di 0,4 metri quadrati (un metro per 40 centimetri, per intendersi) a chi si volesse ad utilizzare caldaie di tipo B, con scarico all'esterno, ma a fiamma aperta, che consuma l'aria dei locali. Va da sé che nessuno era disposto a tenersi una simile apertura in casa e che quindi la scelta di una caldaia stagna diveniva a senso unico.

L'abrogazione dell'obbligo non è che l'ultimo colpo di scena di una telenovela. Nel Dpr 412 del 1993 era infatti previsto l'obbligo assoluto di installare caldaie a tenuta stagna, per i nuovi impianti e per quelli completamente ristrutturati. Tuttavia la Corte di Giustizia Ue, nella pronuncia del 25 marzo 1999 aveva condannato la Repubblica Italiana, affermando che tale disposizione era i contrasto con la direttiva n. 90/396/Cee, che prevede la commercializzazione e messa in servizio di apparecchi a gas senza distinzione, quindi, fra quelli di tipo stagno o di tipo aperto. A condizione, naturalmente, che includano i necessari dispositivi di sicurezza (e in particolare quelli di blocco in caso di tiraggio anomalo e di esalazioni dannose).

Per mettersi in regola, il Parlamento aveva varato il Dpr 21 dicembre 1999, n. 551, concedendo tra l'altro alcune deroghe alla rigida disciplina della sicurezza degli impianti. Ma proprio sul contestato punto del via libera alle caldaie a fiamma aperta, si era ricorsi a una imposizione che sapeva di beffa alla Corte Ue: chi si incaponiva a voler installare la caldaia a fiamma aperta, poteva farlo, a patto di aprire nel muro un grosso buco senza vetri.

L'obbligo, nei fatti, alla scelta delle caldaie stagne ha provocato gravissimi problemi. All'indice era il caso in cui in un vecchio palazzo l'impianto di un appartamento debba essere completamente rimesso a nuovo. Molto spesso, infatti, l'assemblea dei condomini vieta l'apertura di condotti di aspirazione dell'aria nella facciata dell'edificio, perché compromettono il decoro architettonico del palazzo.

A nove anni dal varo del Dpr 412 e a quasi tre anni della sentenza della Corte Ue, è stata quindi fatta finalmente giustizia. Le caldaie di tipo B continuano comunque ad essere (giustamente) vincolate a maggiori misure di sicurezza: Non possono infatti essere disposte in camera da letto o in bagno, se il volume del locale è minore di 20 metri cubi e comunque se è minore di 1,5 metri cubi per ogni kilowatt di potenza dell'apparecchio. Nella camera dove sono installate, deve esistere un'apertura di ventilazione, di perlomeno 100 centimetri quadrati di grandezza e comunque di almeno 6 centimetri quadrati per ogni kilowatt di portata termica degli apparecchi ospitati nel locale.

Silvio Rezzonico