I diritti virtuali ad edificare si scambieranno in Borsa

 

Comprare un diritto “fantasma” ad edificare, sganciato da un terreno su cui farlo: é un mercato che sta prendendo avvio, in Lombardia, o perlomeno a Milano. Il comune del capoluogo lombardo ha stilato infatti un protocollo d’intesa con la Borsa Immobiliare, azienda speciale della Camera di Commercio, per la creazione, appunto, di una vera e propria “borsa” di questi diritti nonché di un osservatorio sui loro prezzi.

Il diritto virtuale di volumetria è forse l’effetto più macroscopico della legge urbanistica lombarda,la n. 12 dell’11 marzo 2005. Nell’articolo 11 si introducono infatti i principi delle cosiddette “perequazione e compensazione urbanistica”, in anticipo sulla riforma nazionale delle norme sul regime dei suoli, ma comunque dopo una analoga rivoluzione nelle leggi di altre regioni (Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Puglia, Campania e Calabria).

La perequazione prevede che il Comune “possa” (ma non debba) ripartire tra tutti i proprietari immobiliari cittadini, o tra quelli che hanno terreni in un certo “comparto urbanistico”, un identico indice di fabbricabilità, differenziato solo a seconda delle aree del territorio comunale, e legato ad pari gravami (contributi di costruzione e oneri di urbanizzazione). Tra gli scopi c’è quello di por fine alle ingiustizie insite nel modello tradizionale di regime dei suoli, in cui, per esempio, tre proprietari di fondi vicini sono trattati diversamente: il primo ha il diritto a edificare, il secondo no e il terzo viene magari espropriato, perché sul suo fondo vanno realizzati servizi pubblici.

In gran parte delle aree costruite l’attribuzione di tale indice medio, che resta un rapporto tra superficie e cubatura realizzabile, non avrà alcun effetto pratico, dal momento che tale proporzione è già stata raggiunta, e probabilmente superata, con la costruzione degli edifici esistenti. Altrove, e particolarmente nella aree periferiche di trasformazione urbanistica e in quelle industriali dismesse, il surplus di edificabilità potrà essere sfruttato in due diversi modi dai proprietari dei singoli terreni. Il primo è trovare un accordo tra loro e riunirsi in consorzio, mettendo in comune i rispettivi diritti. Viene realizzata l’edificazione su un’area appartenente a uno solo di loro e spartiti in seguito i relativi utili derivati dalla vendita degli immobili ciostruiti. La seconda possibilità è vendere ad altri i propri diritti, che magari verranno utilizzati su terreni diversi, in un’altra zona della città.

Alla facoltà di poter edificare proveniente dai meccanismi di perequazione, va aggiunta poi quella che deriva dalla cosiddetta “compensazione”. In sostanza i proprietari di aree che normalmente venivano espropriate, anziché essere indennizzati con denaro sonante, potranno essere pagati, in cambio alla cessione dell’area, con diritti virtuali di edificazione oppure con altre aree in permuta. Particolari “premi”, con incremento percentuale dei diritti, sono previsti in certi casi: per esempio interventi di riqualificazione urbanistica o di promozione dell’edilizia bioclimatica e del risparmio energetico.

Ma come funzionerà, in pratica, la borsa dei diritti di volumetria? Risponde Antonio Pastore, presidente della Borsa: “Si tratterà innanzitutto di creare dal nulla una rilevazione dei valori, al fine di dare trasparenza al mercato e fornire indicazioni utili agli operatori. In secondo luogo si offrirà uno spazio, anche telematico, di mediazione e contrattazione. Nessun dubbio su chi sarà il principale venditore: il Comune stesso. Spiega infatti Piero Torretta, presidente di Assimpredil, l’associazione edile di Milano e provincia: “Se i diritti edificatori per residenze o edifici commerciali sono ripartiti equamente su tutti i terreni, sarà il Comune che possiede numerosissime aree dedicate esclusivamente a verde o a servizi pubblici (e non a edilizia tradizionale) a divenire il principale proprietario di diritti non utilizzati e quindi liberamente commerciabili. In definitiva l’ente pubblico guadagnerà due volte: innanzitutto acquisendo gratis aree per verde e servizi, e in secondo luogo vendendo il surplus di diritti che possiede”.

Ovviamente l’acquisto di un diritto ad edificare, non significa automaticamente la possibilità di farlo ovunque: vi saranno strumenti urbanistici che porranno limiti. Uno dei principali punti da chiarire è, però, se acquistando fabbricabilità virtuale si potranno incrementare volumetrie già esistenti o rendere abitabili unità immobiliari che non lo sono (sottotetti, magazzini, eccetera). Aggiunge Torretta: “Si è detto che la disponibilità sul mercato di questi standard a prezzi ragionevoli ridurrà i costi delle aree edificabili. I casi sono due: o i diritti saranno spendibili sul già costruito, oppure la grande scarsità di aree nelle grandi città, come Milano, lascierà il coltello dalla parte del manico ai proprietari di terreni inedificati, che continuano a possedere un bene prezioso da vendere ad alto prezzo. Quindi il rischio è che si mettano in circolazione, seppure a basso prezzo, una sovrabbondanza di diritti virtuali ma che poi l’incidenza del costo dell’area sulle nuove costruzioni resti invariata”.

Ma quando la “Borsa dei diritti virtuali” sarà a regime? “C’è da attendere ancora molto tempo”, frena Pastore. “Per esempio, il Comune deve completare la conoscenza del proprio territorio, per sapere. area per area, cosa si è costruito e quindi quali diritti in più siano spendibili. Poi c’è da completare il Piano dei servizi, che stabilisce in che quantità e misura le aree debbono essere servite da verde, scuole, strade, uffici pubblici, strutture sanitarie e via elencando. Senza indici dei servizi per zona non ha senso attribuire indici di fabbricabilità per case o uffici”.

 

 

Volumetrie sganciate dal terreno: impossibile trascrivere i relativi diritti

 

Sopravvive, il diritto di volumetria, senza relazioni con un terreno ben preciso? Dal punto di vista urbanistico, sì. Ma lo stesso non può dirsi con certezza sotto l’ottica del Codice Civile. Non è infatti inquadrabile tra i cosiddetti “diritti reali”: si tratta anzi di un diritto “virtuale” che poterebbe anche essere ritenuto in contrasto con la disciplina costituzionale della proprietà. In secondo luogo perché tale diritto non compare tra quelli trascrivibili, a propria tutela rispetto a terzi, Infine resta in sospeso il nodo della sua durata.

Le soluzioni pratiche trovate fino ad oggi dalla giurisprudenza tendono, più che a definire il diritto in sé, a inquadrare il contratto che lo regola. La Cassazione civile si è occupata dei cosiddetti “contratti di cubatura”, con i quali un proprietario di un terreno edificabile si obbliga ad asservirlo ad un altro, per consentire su di esso l’edificazione di una maggiore volumetria. La giurisprudenza amministrativa parla invece di una servitù a non edificare da parte di un fondo servente a favore di un altro fondo, beneficiario della servitù stessa. Entrambe le formule potrebbero forse funzionare se in ballo è il trasferimento di diritti su fondi contigui o comunque legati da vincoli di unità fisica ed urbanistica, come succede quando nasce un consorzio tra proprietari all’interno di un certo comparto urbanistico. Queste definizioni mostrano però la corda nel momento in cui il diritto di volumetria diviene liberamente commerciabile anche altrove ed è oggettivamente “slegato” da ogni terreno edificabile (pensiamo a quello che deriva dalla cessione volontaria di un fondo alla pubblica amministrazione),.

Tanto più che il diritto non sorge semplicemente in dipendenza ad un accordo contrattuale tra due parti private ma, bensì, anche e soprattutto da una decisione della pubblica amministrazione. Gli esperti sembrano quindi propendere per definire il trasferimento di diritti edificatori come una fattispecie di contratto ad effetti obbligatori, non regolata dal codice civile, per il cui perfezionamento occorre sia l’accordo tra le parti che il rilascio di una concessione edilizia che lo renda efficace. Sarebbe ovviamente opportuno che la riforma delle norme nazionali sul governo del territorio si occupi anche di questo, dal momento che è impensabile che vi possano provvedere le Regioni..