Chiarimenti dal Ministero dello Sviluppo

 

L’amministratore può fare il mediatore

 

L’amministratore di condominio può tranquillamente esercitare la professione di agente immobiliare (purché, naturalmente, sia iscritto all’apposito ruolo). E viceversa, naturalmente. Lo ha chiarito il ministero dello Sviluppo Economico con decisione in data 14 giugno 2007, ponendo fine (salvo ricorso al Tar) a una controversia che opponeva la Camera di Commercio di Torino con una società iscritta al ruolo dei mediatori, presso la Camera di Commercio stessa, dedita anche all’amministrazione di palazzi. La società era stata cancellata dal ruolo d’ufficio, dato che non aveva aderito all’invito da parte della CCAA a cessare l’attività di amministrazione, ma aveva risposto solo con proprie contro-deduzioni.

La Camera di Commercio ricordava che la legge n. 39 del 1989, come modificata dalla legge n. 57/2001, statuisce, nell’articolo 5, comma 3: “l’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile: a) con l’attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione; b) con l’esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate.

Ora secondo la CCIA torinese, non vi era dubbio sul fatto che quella di amministratore è un’attività imprenditoriale e professionale, per quanto non inquadrata tra le professioni protette. A ulteriore sostegno della sua tesi la Camera di Commercio aveva ricordato che alcune regioni hanno legiferato in materia, istituendo un apposito registro e considerando come acquisito l’inserimento di questa attività tra quelle professionali. Inoltre la società in questione aveva senz’altro un’attività imprenditoriale, essendo iscritta al Registro delle imprese.

Nel contestare la tesi della CCAA il ministero dello Sviluppo ha ribadito l’interpretazione già presa con lettera circolare del 4 luglio 2003 e  ha affermato che, oggi come oggi, quella di amministratore non può essere considerata come una vera e propria professione, in quanto non riconosciuta come tale dalla legge.

Infine l’iscrizione al registro delle imprese della società, era obbligatoria per esercitare l’attività di intermediazione, mentre quella di amministrazione condominiale non necessita di alcuna iscrizione..

La decisione dello Sviluppo è un buon pretesto per sviluppare alcune considerazioni. Non c’è dubbio sul fatto che l’attività di agente immobiliare e quella di amministratore condominiale hanno diversi interessi comuni. Per esempio si assomigliano molto nel campo della gestione di abitazioni o edifici in locazione, attività esercitata comunemente da entrambi i professionisti. Inoltre l’amministratore condominiale è spesso facilitato grazie al suo ruolo, nell’avere informazioni in merito a immobili che devono essere messi in vendita o in locazione. Non a caso è piuttosto comune che esistano persone o società che si dedicano ad entrambi i campi di attività. E’ quindi probabile molti mediatori e molti amministratori non vedano di buon occhio che ci si pronunci per l’incompatibilità.

Tuttavia il ministero dello Sviluppo fa capire, con la sua decisione, che l’incompatibiltà scatterebbe automaticamente qualora il ruolo dell’amministratore fosse in qualche modo riconosciuto professionalmente, anche se tale riconoscimento non precludesse l’intermediazione di immobili. Infatti sarebbe l’articolo 5 della legge n. 39 del 1989 a sbarrare la strada al cumulo tra le due attività.

Il ministero dello Sviluppo ha anche voluto, indirettamente, contrastare i tentativi regionali di creare un registro degli amministratori. (legge n. 40/2002 del Lazio, legge n. 17/2003 dell’Abruzzo, legge n. 28/2005 delle Marche e legge n. 6/2007 della Sicilia). Ha infatti affermato che, spetta allo Stato il potere di determinare “con apposita norma, l’individuazione della professione, del suo contenuto e dei titoli richiesti per l’accesso all’attività professionale”. Alle regioni spetta invece solo” il compito di emanare appositi regolamenti di attuazione”.

Anche la Corte Costituzionale ha sostenuto, in effetti, una posizione simile. Ricordiamo infatti che con sentenza 30/9/2005, n. 355 ha di fatto cancellato la legge Abruzzese, e con sentenza 2 marzo 2007, n. 57 ha reso inefficace quella marchigiana. Con quest’ultima sentenza, però, ha anche riconosciuto la non incompatibilità con la Costituzione di quella siciliana che, in un unico articolo, si limitava a istituire un registro in cui l’iscrizione non era obbligatoria per l’esercizio della professione. Anche il Lazio, con opportune modifiche alla propria norma, ha finito per dover specificare che “la mancata iscrizione al registro non preclude l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio e di immobili “.

Lo stesso avevano fatto anche le Marche, che però, individuando i requisiti professionali per l'iscrizione nel registro e prevedendo corsi ed esami finali per il conseguimento dell'attestato professionale, avevano sconfinato, secondo la Corte, nell’ambito di competenza concorrente dello Stato.