Giusta ventilazione ed efficiente eliminazione dei fumi

 

Riscaldamento: le principali norme di sicurezza

 

L’areazione dei locali

 

La sicurezza degli impianti di riscaldamento dipende essenzialmente da due fattori: in quali ambienti è posta la caldaia e come viene collegata al sistema di scarico dei fumi. A sua volta i locali che ospitano l’apparecchio sono di due tipi: per le caldaie centralizzate, quelli appositamente previsti, e per quella singola, lo stesso appartamento di chi se ne serve.

Caldaie centralizzate. Le prescrizioni comuni sono che il locale deve avere perlomeno 2,5 metri di altezza (1 metro dalla superficie superiore dell’apparecchio). Inoltre le pareti della caldaia debbono distare almeno 60 cm da quelle del locale (130 cm, però, dalla parte del bruciatore). Il locale deve essere munito di una finestra sempre aperta, ma coperta da una griglia (per evitare che si introducano animali), di dimensioni minime di 50 cm quadrati (fino a 580 kw di potenza della caldaia) o proporzionalmente superiori. Fin qui, se il vano caldaia è fuori terra. Se è seminterrato, deve anche essere munito di un vano di disimpegno, anch’esso aerato, separato da una porta di accesso, apribile all’esterno, con una determinata resistenza al fuoco. Se è interrato occorre inoltre che le finestre diano su un’intercapedine aerata “ a bocca di lupo”, che termini alla superficie (strada o cortile) con una grata.

Caldaie singole. Nessuna prescrizione particolare per quelle a tenuta stagna, che, oltre a scaricare all’esterno i fumi, pescano l’aria per la combustione da appositi condotti con apertura a cielo aperto, escluso il fatto che non possono essere ospitate in locali condominiali (per esempio i pianerottoli) o a pericolo d’incendio. Per quelle a fiammella aperta, ma con scarico dei fumi, occorre praticare nel locale un’apertura verso l’esterno del palazzo, senza infissi e coperta da una grata, di almeno 100 cm quadrati (fino a 16 kw di potenza) o proporzionalmente superiore al variare della potenza (per esempio, 150 cm se si toccano i 25 kw). Se non è possibile ospitare l’apertura nello stesso locale della caldaia, si può farlo in un locale accanto, purchè sotto la porta di connessione tra le due stanze esista una fessura delle stesse dimensioni dell’apertura prevista.*

Questo tipo di caldaie, infine, non può essere ospitato nelle camere da letto e in quasi tutti i bagni (tranne quelli davvero ampi). Le rare stufe catalitiche (per intenderci le bombole a gas accoppiate con una griglia e senza scarichi di fumo) hanno prescrizioni ancor più rigide (doppie aperture, locali di almeno 12 metri cubi) e limiti di potenza (2,9 kw).

 

Le regole degli scarichi dei fumi

 

Gli scarichi degli apparecchi sono forse il più complicato problema di sicurezza da affrontare. Anche per un inesperto non è impossibile, però, controllare se sono “a norma” e al limite fare le domande giuste agli installatori, per vedere se stanno eseguendo bene il loro lavoro. Gli scarichi sono composti essenzialmente dai  tubi che portano dall’apparecchio alla canna fumaria, i loro raccordi, interruttori di tiraggio, e così via;  i camini o le canne fumarie collettive; i comignoli.

Tubi di collegamento. Devono: avere al massimo tre cambiamenti di direzione con angoli maggiori di 90 ; salire lungo tutto il loro percorso (con pendenza minima del 2%); avere la stessa dimensione dell’attacco all’apparecchio; essere connessi all’attacco della canna di una canna fumaria; regolamentare da un raccordo conico, se la loro dimensione è diversa da quella dell’attacco stesso;

non sporgere all’interno della canna fumaria;

Se l’apparecchio ha scarico in verticale, il tubo deve salire verticalmente per un tratto di lunghezza pari almeno a due diametri del tubo stesso.

Camini e canne fumarie. Si dicono camini i condotti che scaricano i fumi di un solo apparecchio e canne fumarie tutti gli altri. Entrambi non devono essere né troppo piccoli né troppo grandi. In tutti e due i casi non scaricano efficientemente.

Mentre però è evidente il perché i condotti troppo piccoli funzionino male, non è altrettanto chiaro perché quelli troppo ampi non vadano bene. E’ infatti abbastanza comune che negli edifici vecchi esistano canne sovradimensionate, il cui diametro va ridotto. Un tempo servivano infatti apparecchi a carbone o a olio combustibile che avevano bisogno, appunto, di scarichi grandi. Nei condotti sovradimensionati i fumi tendono a rallentare la loro corsa verso l’alto. Non solo: i fumi sono ricchi di vapore acqueo che, raffreddandosi, diviene liquido e dilava le pareti della canna o del camino stessi. Questi ultimi sono quasi sempre incrostati. Sii crea così una sorta di poltiglia liquida che"cola” nella caldaia riducendo la sua efficienza (o addirittura guastandola). Talvolta questa poltiglia affiora da giunti interni tra le canne difettosi e crea così macchie negli intonaci degli appartamenti. Comunque le loro dimensioni corrette dipendono non solo dal tipo di combustibile, ma anche dalla potenza massima della caldaia e dall’altezza delle canne fumarie stesse. Solo un esperto è in grado di valutarle, consultando particolari tabelle.

Dimensioni errate Che fare, se la canna fumaria ha dimensioni errate? Se è troppo piccola, l’unica soluzione che permetta una spesa affrontabile dai più è montarne una nuova lungo la parete esterna dell’edificio (in genere dalla parte del cortile, per non attentare al decoro dello stabile).

Le canne fumarie esterne devono essere inserite in altri tubi di materiale analogo o anche di cemento, per proteggerle dagli agenti atmosferici (pioggia e freddo) ed essere disposte in modo tale che tra tubo esterno e canna esista un intercapedine, che deve essere a contatto con l’aria solo nella parte di uscita della canna.

Se la canna è invece troppo grande, vi è una possibilità in più, per contenere la spesa: quella di inserirvi dentro una di dimensioni minori, in genere di acciaio inossidabile. Il cosiddetto"intubamento” è un’operazione con costi tutto sommato contenuti, che si ammortizzano presto nel tempo (salvo canne con cambiamenti accentuati di direzione). Attenti comunque a rivolgersi a tecnici qualificati.

Tra la vecchia canna e quella nuova deve esistere un po’ di spazio, per non impedire le dilatazioni e le contrazioni del metallo in seguito alle variazioni di temperatura. Altrimenti i tubi interni, avendo come unico spazio per la dilatazione quello verticale, tendono ad allungarsi e quindi a sfilarsi l’uno dall’altro. Non parlo per sentito dire: mi è capitato infatti di constatare con i miei occhi casi del genere.

Canne fumarie ramificate o collettive Per la loro installazione occorre un progetto redatto da un tecnico specializzato riconosciuto.

Debbono anch’esse rispondere a certi requisiti. Innanzitutto :ogni apparecchio deve essere allacciato a un condotto singolo. Poi tale condotto deve immettersi nella canna collettiva con un angolo non minore di 135°. Infine il condotto individuale deve avere altezza uguale a un piano dell’edificio.

Ciò permette ai fumi di confluire nella canna comune con una velocità e una direzione tali da non ostacolare il tiraggio.

Le canne fumarie collettive devono: avere un’altezza di almeno 3 metri dall’immissione dell’ultimo condotto individuale fino all’uscita dal comignolo; servire al massimo sei piani; servire lo stesso tipo di apparecchi con uguale combustibile e uguale potenza; servire apparecchi privi di ventola di aspirazione (per sapere se esiste, basta consultare il libretto di istruzioni). Questo perché i fumi aspirati meccanicamente potrebbero essere"spinti” nell’appartamento di un altro condomino.

Comignoli. Se non esistono determinati apparecchi  (aspiratori meccanici) i comignoli, per poter permettere il tiraggio, devono serbare distanze minime dal colmo del tetto ed avere certe altezze minime.

Lo sbocco dei fumi deve infatti essere al di fuori della cosiddetta"zona di reflusso”, dove le leggi della fisica o le condizioni atmosferiche impediscono il libero scarico dei fumi.. Le distanze e le altezze crescono a seconda della dalla pendenza del tetto, secondo questa tabella:

 

 

Le distanze minime dei comignoli

 

Inclinazione tetto

distanza dal colmo

del comignolo

altezza minima comignolo

Tetti piani

≤ 5 m*

50 cm + di ogni volume tecnico o bordo rialzato

 

> 5 m.

non prevista

Tetti a 15°

≤ 1,85 m.

50 cm + del colmo

 

> 1,85 m

1 m.

Tetti a 30°

≤ 1,3 m

50 cm + del colmo

 

> 1,3 m

1,2 m.

Tetti a 45°

≤ 1,5 m

50 cm + del colmo

 

> 1,5 m

2 m.

Tetti a 60°

≤ 1,2 m

50 cm + del colmo

 

> 1,2 m

2,6 m.

 

Fonte: Ufficio Studi Confappi-federamministratori