10 comuni domande sulla propria casa

 

1. Ogni quanto tempo bisogna far revisionare da un tecnico una caldaia termo-autonoma?

 

Il decreto legislativo n. 192/2005 ha di recente “allungato” i tempi delle revisioni, prima previsti per legge ogni anno. Ora la situazione è questa:

-         un controllo ogni due anni (in genere prima del periodo di accensione) per le caldaie con una anzianità di installazione superiore a otto anni, nonché per gli scaldabagni a fiamma aperta;

-         un controllo ogni 4 anni per le caldaie con una anzianità di installazione inferiore a otto anni.

Queste regole valgono per le caldaie con potenza nominale di focolare inferiore a 35 kilowatt, cioè per praticamente tutte le caldaie autonome (tranne quelle installate per riscaldare immobili molto grandi). La potenza è controllabile su l’apposita targhetta sull’apparecchio. Gli esiti dei controlli vanno annotati dal tecnico sul “libretto di impianto”, che tutti devono avere.

 

2. L’assemblea di condominio può delegare a un ristretto numero di consiglieri, che sono in genere persone con più tempo e esperienza, la decisione su quale preventivo scegliere tra quelli di diverse ditte edili?

 

No. Infatti il codice civile, che non prende in considerazione l’esistenza del consiglio di condominio, prevede che ogni delibera sia presa in assemblea. I giudici hanno giustificato questa scelta spiegando che il voto dei condomini deve essere preso dopo una approfondita discussione, nel corso della quale ciascuno potrà cambiare idea.

 

3. L’amministratore condominiale può decidere di eseguire delle importanti opere urgenti senza chiedere l’assenso dell’assemblea di condominio?

 

A certi patti. Deve esistere un pericolo per l’incolumità delle persone o per la tutela delle parti comuni. Le opere urgenti decise autonomamente dall’amministratore debbono riguardare solo la messa in sicurezza: per esempio se tendono a distaccarsi delle piastrelle dalla facciata del palazzo, l’amministratore può disporre di mettere delle protezioni fisse (impalcature chiuse) ma non eseguire le opere di consolidamento della facciata. In seguito è obbligato a riferire il suo operato alla prima assemblea che si terrà, che in caso di necessità, sarà un’assemblea straordinaria da convocarsi in un breve periodo di tempo.

 

4. Una casa posseduta in comunione ereditaria da più eredi, può essere usata da ciascuno come gli pare?

 

No. Anche se gli eredi in comunione sono solo due, bisogna indire un’assemblea e approvare un regolamento della comunione, che stabilisca come e quando ciascuno dei due può usare la casa. Se uno degli eredi si rifiuta di approvare il regolamento, gli altri possono rivolgersi al giudice perché lo faccia lui.

 

5. Se si vende una casa su cui è stato fatto un abuso edilizio, cosa succede?

 

In tre casi l’atto può essere reputato nullo. Innanzitutto quando l’immobile sia stato costruito senza alcun provvedimento abilitante o in totale difformità con la licenza, la concessione edilizia, il permesso a costruire o la denuncia di inizio attività indispensabile;

In secondo luogo quando non siano stati inseriti o allegati al rogito, per gli edifici iniziati a costruire prima dell’1 settembre 1967, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l'opera è stata iniziata in data anteriore a questa data e, per quelli iniziati a costruire in seguito, una dichiarazione che reca gli estremi della licenza, concessione, permesso a costruire o Dia.

In terzo luogo quando, mancando gli assensi all’edificazione, non siano stati riportati estremi della domanda di condono, estremi del versamento delle somme dovute, la dichiarazione che il Comune non ha emesso provvedimenti di sanatoria o, in alternativa gli estremi del permesso di sanatoria (se è stato rilasciato).

Ciò non significa per nulla che un immobile in cui sia stato commesso un abuso edilizio per il quale il comune non abbia ancora rilasciato l’assenso al condono non sia liberamente vendibile: l’importante è che non esista la totale difformità e siano rispettati gli adempimenti formali previsti.

 

6. L’onorario all’agenzia immobiliare va pagato alla firma del rogito o a quella del compromesso di acquisto?

 

La Cassazione ha affermato che, in mancanza di patti diversi, il mediatore ha diritto all’onorario alla firma del compromesso, che è il momento in cui “l’affare si è concluso”. Tuttavia niente vieta che nell’incarico all’agenzia si stabilisca diversamente. Anzi,, l’accordo con cui si paga al rogito è consigliabile per il cliente, perché nel periodo tra la firma del compromesso e quello del rogito può accadere di tutto (per esempio chi ha promesso di vendere può iscrivere un’ipoteca sull’immobile oppure può passare a miglior vita).

 

7. Se in un palazzo l’acqua fa fatica ad arrivare agli ultimi piani, e sarebbe necessaria l’installazione di un autoclave (un apparecchio che pompa l’acqua), come si può costringere il condominio a metterla?

 

L'installazione dell’autoclave può essere richiesta, in caso di necessità di questo impianto, anche da un solo condomino (Pretura di Taranto, 26 marzo 1995). L’autoclave è una semplice miglioria alla cosa comune, e non, un'innovazione. La sua installazione può essere decisa quindi con le normali maggioranze condominiali (1/3 dei condòmini e dei millesimi di proprietà, in seconda convocazione dell’assemblea) e deve essere pagata da tutti quelli che se ne servono. Anche da chi non ne avrebbe bisogno (Cassazione 1398/98).

 

8. So che a tutto il 2005  era possibile chiedere l’Iva agevolata, al 10% anziché al 20%, sulle fatture delle ditte edili per i lavori di recupero. La stessa Iva era richiedibile anche sulle fatture dei direttori dei lavori e dei progettisti? E come cambia la situazione nel 2006?

 

No. Le spese dei professionisti erano detraibili ai sensi del 36% ma non godevano dell’Iva agevolata al 10%. Nel 2006 il problema non si pone nemmeno (l’Iva resta al 20%) e comunque le spese dei professionisti dovrebbero divenire detraibili al 41%.

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9. Il proprietario di un negozio deve pagare per la manutenzione del giardino condominiale, anche se non vi ha accesso dai suoi locali? Deve inoltre pagare anche la nuova intonacatura di una facciata che dà sul cortile, su cui non ha motivo di transitare?

 

Deve farlo, perché sia il giardino che la facciata contribuiscono al decoro dell’edificio, che accresce il valore del palazzo, locali commerciali compresi. In questo caso non vale l’articolo 1123, secondo comma, del codice civile, che afferma che le spese sono proporzionate all’uso che i condomini possono fare.

 

10. Nel mio palazzo il costruttore ha fatto scrivere nel regolamento che è esonerato dal pagamento delle spese condominiali per gli appartamenti ancora invenduti. E’ giusto?

 

L'ordinanza della Cassazione 10086 del 24 luglio 2001 ha ribadito il principio i condomini, nei rapporti con i professionisti (in questo caso, il costruttore) sono da considerarsi senz’altro consumatori.

A questo punto prendono rilievo le norme sulle clausole vessatorie nei contratti tra consumatore e “professionista” (in questo caso il costruttore), che sono quelle che “determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, entro le quali, ne siamo convinti, rientra la clausola in questione. Le clausole vessatorie, anche se controfirmate dal consumatore, sono nulle, e quindi è come se non fossero mai esistite.Le norme sulle clausole vessatorie sono inserite negli articoli dal 33 al 38 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (il codice del consumo).